Artisti drogati e famosi: una top 5

Si dice che negli artisti genio e sregolatezza vadano di pari passo. Assieme a un abuso smodato di sostanze stupefacenti. Ecco una top 5 degli artisti drogati più famosi.

Artisti drogati: sesso droga e rock’n’roll

Scrivere una top 5 degli artisti drogati non è semplice. Prima di tutto perché ci vuole un criterio di scelta (gli artisti più famosi? Più bravi? Più drogati?). E poi perché se rappresentiamo graficamente l’insieme degli artisti e il sottoinsieme degli artisti drogati, abbiamo più o meno un cerchio perfetto.

Inoltre la definizione di arte e di droga cambia parecchio in base al periodo e alla legislazione. Un vasaio scita del 500 avanti Cristo che mangia della marijuana conta davvero come artista drogato?

Senza contare che moltissimi artisti hanno fatto della propria tossicodipendenza un brand personale. Snoop Dog, Bob Marley, Alessandro Manzoni: tutti artisti che hanno ostentato il proprio rapporto con la droga nelle loro opere.

Alessandro Manzoni
Alessandro Manzoni mentre smaltisce gli effetti dello speed

Ma qui su Gondor calibro 9, non ci piacciono i poser buoni solo a chiacchierare. Preferiamo le persone disposte a tirarsi su le maniche e fare (o meglio, farsi). E la storia è piena di artisti insospettabili col vizietto dell’oppio e personaggi che hanno vissuto avventure assurde e incredibili legate alla loro dipendenza.

Artisti drogati: le regole del gioco

Prima di procedere con questa incredibile top 5 degli artisti drogati, ecco due regole di base che ho seguito:

  • Gli artisti devono aver abusato di sostanze in modo prolungato e questo deve aver influito in maniera diretta ed evidente sulla loro vita o sulle loro opere. Carl Sagan fumava regolarmente erba, ma non ha mai avuto clamorose avventure con la polizia, né ha interrotto la sua brillante carriera per casini con la droga, quindi non conta. E inoltre era un divulgatore scentifico, che non è proprio un’arte, il che ci porta a…
  • Gli artisti devono essere professionisti dell’arte. Hitler ha abusato di diverse droghe, e ha pitturato dei quadri. Ma principalmente è un dittatore fascista assassino, non un pittore, quindi non conta.
  • L’arte, per questo post, è solo narrativa, musica e grafica. Attori, stand-up comedians e sviluppatori di videogiochi, per la classifica, non contano (forse farò un’altra top 5 in futuro per il cinema).
  • Contano come droghe solo le sostanze che oggi in Italia consideriamo droghe illecite. L’alcol, dal punto di vista medico, è a tutti gli effetti una droga e, a detta di molti, nemmeno tra le più leggere. Ma grazie alla legge, possiamo consumare alcol come se fosse gazzosa, quindi qui non conta perché troppo noioso (parlo con te, Hemingway). Alcolisti che abusano di altre droghe, invece, sono graditi.
  • Gli artisti drogati sono tanti, i miei articoli sono corti e le classifiche sono stupide. Il criterio più importante, alla fine, è il mio gusto personale e ho cercato di dare priorità agli insospettabili e a chi ha vissuto avventure o situazioni interessanti. Se non trovate il vostro artista drogato preferito nella classifica, sappiate che quasi sicuramente non ho nulla contro di lui e non lo considero inferiore a quelli citati.

Louisa May Alcott: piccole donne, grande sballo

Piccole donne è una di quelle opere che conoscono tutti, anche chi chi non l’ha letto (o visto uno dei film tratti). La storia segue la vita quotidiana di quattro sorelle nell’America della guerra di Secessione, e i loro cambiamenti durante un anno (il primo libro, almeno. Nel seguito una muore, altre si sposano. Ma in America sono un libro solo e… vabbè, ne parliamo un’altra volta).

In ogni caso Piccole donne viene considerato un classico della letteratura per l’infanzia, pieno di insegnamenti pedagogici. In pratica una specie di libro Cuore per gli americani (anche se probabilmente è più giusto dire il contrario). Tante qualità dell’opera, quindi, sono state attribuite anche all’autrice da critici, insegnanti e genitori.

Artisti drogati: Louisa May Alcott
Louisa May Alcott

Louisa May Alcott, con i suoi libri, ci sfamava sé stessa e le sue 3 sorelle (vere), quindi era in qualche modo incoraggiata a mantenere questa facciata. Ma Alcott è vissuta nell’800, un secolo strano dove non solo la maggior parte delle sostanze che consideriamo droghe erano perfettamente legali, ma venivano spesso prescritte come cure dai dottori.

Durante la sua carriera ha scritto diversi libri, perlopiù pubblicati sotto pseudonimo, di argomento completamente diverso dalle opere per bambini. Da giovane si dilettava di storie con spie e complotti, e nella maturità si avvicina sempre di più a quello che chiama “stile lurido”. Storie scabrose, con vecchi impotenti che tentano di sedurre ragazzine, attrici che si fingono minorenni e poi distruggono famiglie seducendo gli uomini, e giovani studenti che si sballano con caramelle di hashish.

La medicina del passato è peggio della droga

Ma queste sono scappatelle letterarie. E scrivere di droga non basta per entrare in questa top 5. Viste le descrizioni dettagliate degli effetti dell’hashish sui personaggi, più di un critico crede che Alcott possa averlo provato per davvero. Non mancano nell’America dell’800 aziende che vendono caramelle di marijuana, e veri e propri club letterari dove gli aspiranti scrittori si drogano assieme e discutono di letteratura.

Logo Ganja Wallah
Ganja Wallah produce caramelle con hashish e sciroppo d’acero dalla metà del XIX secolo

Ma, di nuovo, queste sono solo speculazioni. Ma il dubbio sul fatto che si sia fatta o no un paio di canne, passa in secondo piano quando scopriamo la sua droga d’elezione: l’oppio. Per i più puri d’animo: l’oppio è il nonno dell’eroina, una sostanza decisamente più seria e dannosa rispetto all’hashish (specialmente se fatto con le piantacce che avevano nell’800).

In seguito a una malattia polmonare, Louisa May Alcott viene medicata con il Calomel, un medicinale dell’800 ricavato dal mercurio, che le causa danni permanenti al cuore e allo stomaco. Soffre di tachicardie e ha sempre dolori al ventre. La cura? Oppio, preferibilmente consumato assieme a whisky.

Alcott ha servito come infermiera durante la guerra di Secessione e ha un minimo di dimestichezza con le droghe. Nello specifico sa benissimo che l’uso prolungato causa dipendenza e un sacco di altre brutte cose (una conoscenza non proprio universale, 150 anni fa). Ma l’alternativa, a quanto pare, è peggio, e continua a consumare oppio per il resto della sua vita. Ma questo non le impedisce di scrivere dei grandi capolavori.

Louisa May Alcott muore a 55 anni di infarto, molto probabilmente per i danni riportati dal Calomel.

Alexandre Dumas: tutti per uno, e fumo per tutti

Alexandre Dumas padre, in soldoni, è l’autore di Star Wars prima che inventassero Star Wars. Con i suoi libri sui tre moschettieri, Robin Hood e il Conte di Montecristo ha influenzato l’immaginario comune e la narrativa avventurosa in un modo che si sente ancora oggi.

È inoltre uno degli scrittori più prolifici della storia. Oltre ai suoi classici, ha scritto decine di sceneggiature teatrali e centinaia di articoli e guide turistiche (senza contare una delle prime storie di lupi mannari della narrativa).

Artisti drogati: Alexandre Dumas
Alexandre Dumas

Alexandre Dumas, inoltre, è uno scrittore francese, che vive a Parigi, tra gli artisti bohemiene (i punk francesi dell’800). I club per scrittori drogati che aprivano in America ai tempi di Alcott, se li erano inventati qui.

Uno dei più importanti, il Club des Hashischins, ha tra i suoi membri proprio l’autore dei Tre Moschettieri. In questo club, Dumas consuma della “confettura di hashish” un olio di marijuana mescolato con vari aromi, tra cui l’oppio. Assieme a lui, ci sono anche Victor Hugo, Charles Baudelaire e Honoré de Balzac. Un gruppo scrittori che sfidano la morale borghese, discutono di poesia e si drogano assieme mentre sono a Parigi è forse la cosa più aggressivamente francese che abbia mai sentito. Peggio di un mimo in bicicletta con una baguette sotto l’ascella.

Club letterari del genere, come già detto, non erano rari nell’800. E non si limitavano ad attirare scrittori, ma anche pittori, scienziati e intellettuali in generale. Anche i colleghi inglesi di Dumas, come Coleridge o Charles Dickens (altro autore dall’alto valore pedagogico), apprezszano l’oppio, ma lo consumano in sordidi fumatoi, invece che in club letterari esclusivi.

Nonostante il consumo smodato di hashish (mescolato con oppio) e il dover ascoltare le farneticazioni sballate di Baudelaire, Dumas produce grandi capolavori, da cui continuiamo ancora oggi a trarre film.

Andy Warhol: 15 minuti di pausa tra una pasticca e l’altra

Pittura e droga sono sempre stati un ottimo accostamento. Il semplice uso di solventi per colori dentro soffitte poco ventilate deve aver aiutato un sacco di pittori a slegarsi dai vincoli del realismo. Delacroix era un membro del Club des Hashaschis di cui sopra. Van Gogh era un tabagista ubriacone e consumatore di digitale, una pianta stimolante (anche se questa, in effetti, era un’altra delle prescrizioni mediche ottocentesche, più che una sostanza strana come l’hashish). Ma uno dei pittori con la tossicodipendenza più strana è stato Andy Warhol.

Artisti drogati: Andy Warhol
Andy Warhol col suo cane

L’obetrol, negli anni ‘50, è uno stimolante prescritto perlopiù per curare l’obesità. Funziona abbastanza bene per dimagrire, anche grazie al fatto che è fondamentalmente costituito da amfetamine. Oggi l’obetrol è ancora in commercio ma, come la coca cola, con degli ingredienti molto più noiosi rispetto al passato.

In ogni caso: Andy Warhol è l’artista che ha inventato Marilyn Monroe e la zuppa in scatola Campbell (se ho capito bene. La voce su wikipedia è lunga e l’ho letta molto velocemente). Ha avuto una vita interessante, una carriera da illustratore di successo, prima di diventare l’artista famoso che tutti conosciamo. Flemmatico come un gatto, nel 1968, dopo che Solanas, una scrittrice e attivista americana, cerca di ucciderlo con una pistola, commenta dicendo che l’omicidio di Kennedy gli ha rubato i riflettori. Un tipo interessante, insomma.

Per produrre le sue opere e collaborare con altri artisti crea la Factory, un laboratorio d’arte pop dove tutti gli artisti di New York possono sperimentare liberamente. E fare orge. E drogarsi.

La Factory degli artisti drogati

La vita dentro la Factory sembra essere interessante. Ci sono diverse testimonianze da tanti aspiranti artisti e modelli dell’epoca. Non tutte combaciano, ma il clima sembra sempre lo stesso. A detta dell’artista Ronnie Cutrone, ad esempio, dentro la Factory era proibito per tutti (tranne che Warhol) drogarsi. Motivo per cui, gli artisti bivaccano sempre sulla scalinata d’ingresso, perché il divieto non valeva.

Andy Warhol Factory
Interno della factory

Ultra Violet, una delle artiste e modelle muse di Warhol, ci dà una descrizione più terribile della Factory. Teatro per orge da degenerati, era piena di pervertiti fissati col sesso anale, armati di manette, catene e (sic!) aghi. Warhol, però, non partecipa alle orge: si limita a guardare e, ogni tanto, a filmare, mentre consuma le sue pasticche di obetrol “come se fossero mentine”. Durante un’orgia organizzata da un playboy newyorkese viene addirittura cacciato perché il suo voyeurismo mette a disagio gli ospiti.

Ma come mai proprio l’obetrol, in un’epoca piena di amfetamine di ogni tipo? Andy Warhol inizia a consumarlo perché ossessionato dalla sua linea. In un passaggio dei suoi diari dice di voler restare magro, ma non rinunciare ai fast food, alla vita sociale e alle cene fuori. Racconta di come, nei ristoranti di classe, ordini sempre i piatti più cattivi, per evitare di abbuffarsi mentre i suoi commensali mangiano. A fine pasto, si fa incartare il cibo non toccato, e lo regala al primo senza tetto che trova. Ma comunque prende grandi dosi di Obetrol per non rischiare.

A fine anni ‘60, alcuni dei suoi compari, nella Factory, iniziano anche a drogarsi con l’eroina, ma non ho trovato testimonianze che affermino che Warhol che l’abbia provata. E vista la sua passione per gli stimolanti, sembra credibile (l’eroina ha l’effetto praticamente opposto alle amfetamine).

La droga comunque, non gli impedisce di diventare uno degli artisti più famosi della storia e di produrre opere di grande successo.

Negli anni ‘70 la sua salute peggiora, a causa dei colpi di pistola e di una malattia genetica alla cistifellea. Nel 1987 si sottopone a un intervento chirurgico per farsela rimuovere, ma ormai è in condizioni critiche e muore dopo l’operazione.

Alan Moore: V per vendere droga

Il fumetto, secondo alcuni tizi, è la sintesi tra scrittura e grafica. E i fumettisti, non a caso, sembrano mescolare le passioni per le droghe di entrambe le categorie di artisti. Andrea Pazienza, Robert Crumb, Grant Morrison: tutti autori di fumetti e appassionati consumatori di droga (Pazienza, con l’eroina, ci ha lasciato le penne).

Ma se c’è un fumettista che svetta su tutti per la qualità delle opere e per gli abusi di droga, probabilmente, è Alan Moore. Moore è considerato da tanti come l’autore che più ha influenzato i fumetti occidentali, scrivendo storie dai toni più realistici e rovesciando tanti cliché sui supereroi. È anche famoso per il suo disprezzo ostentato verso il fumetto e i cinecomics, la sua barba da Gimli, e la sua passione per l’alchimia e la magia.

Artisti drogati: Alan Moore
Alan Moore mentre si fuma una canna

Quest’ultima, stando alle sue testimonianze, è una passione che va di pari passo con l’uso di droghe psichedeliche. “Consumo funghi allucinogeni solo durante i riti magici. Fare altrimenti non avrebbe molto senso.”

Il peggior spacciatore della storia

Ma il suo rapporto con le droghe inizia da prima che si mettesse a fare evocazioni di spiriti e diavoletti. Da giovane era povero, ma brillante e riesce a ottenere una borsa di studio in un liceo prestigioso. Qui scopre l’lsd e inizia a consumarlo avidamente. Durante i trip parla con dragoni, divinità e spiriti di ogni genere: pensa che tutti dovrebbero avere esperienze di questo tipo e inizia a venderlo nella sua scuola.

Ma come ricorda lui stesso: “a 17 anni diventai il peggior spacciatore di lsd della storia”. I trip costanti e le visioni spirituali gli danno l’idea di essere in missione per condividere l’lsd con il resto del mondo, e di avare la protezione di spiriti sovrannaturali. Purtroppo non è così, e viene beccato dalla polizia. Vista la giovane età non passa troppi guai con la legge, ma viene espulso dalla scuola e gettato nel mondo del lavoro non specializzato.

Smette di vendere lsd, ma continua a consumarlo assieme a funghi allucinogeni ed hashish (queste due droghe le consuma tutt’oggi, stando alle sue interviste). Nonostante il consumo quotidiano di droghe, continua ancora oggi a scrivere fumetti, libri e spettacoli teatrali di successo, e le sue opere sono considerate dei classici.

James brown: I feel good (e fatto)

Sono stato ingiusto, in questa classifica, con i musicisti. Se c’è una categoria di artisti che, nella storia, ha lottato unghie e denti per ostentare la propria tossicodipendenza, infatti, sono proprio loro. Che diamine, addirittura degli scienziati si sono chiesti perché così tanti musicisti si droghino.

E non è una novità degli ultimi anni. Fin dall’inizio del ‘900 le droghe sono una tematica d’elezione nella musica popolare. Miles Davis amava l’eroina, Johnny Cash le amfetamine, i Beatles qualsiasi droga. Louis Armstrong era un fumatore di canne così accanito, che una volta ha fatto trasportare una valigia piena d’erba a Nixon, per superare i controlli all’aeroporto.

Tutti perfetti candidati per il primo posto. Ma esiste un musicista che ci ha lasciato una testimonianza video della sua fattanza che gli fa guadagnare vittoria: James Brown.

Artisti drogati: James Brown
James Brown

Il re del soul ha avuto una vita molto interessante che meriterebbe un post a parte. È un bambino talentuoso e sin dalla più tenera età si esibisce con successo, vincendo premi. Ma è anche povero e viene da un ambiente pieno di criminali: a 16 anni viene arrestato per una rapina. La sua vita continuerà con ritmi del genere: grande musica, successo e arresti per crimini idioti.

L’intervista più cringe della storia

Quando raggiunge il successo, negli anni ‘70, decide di dare una svolta alla sua vita e smette con la droga e l’alcol. Non solo: costringe ogni membro della sua band a seguire uno stile di vita del genere. Ovviamente, visto che sono musicisti, in molti se ne fregano. Brown li caccia dalla band, anche solo per una bottiglietta di birra.

Ma come i migliori capi, anche James Brown pretende dai suoi sottoposti una condotta ferrea che lui in prima persona non è in grado di rispettare. Fuma marijuana, consuma cocaina e negli anni ‘80 scopre la sua passione: il pcp, la polvere d’angelo, uno stimolante vagamente allucinogeno, e ci va sotto. Lo fuma in continuazione e questo inizia a pesargli sul cervello.

Diventa paranoico e violento. Va in giro sempre armato e un giorno, nel settembre 1988, entra con un fucile a pompa, nell’agenzia assicurativa di fianco al suo studio. Dice che qualcuno sta usando il suo cesso personale e vuole trovare il responsabile per fargliela pagare. La fama gli permette di evitare per un po’ le attenzioni delle forze dell’ordine.

Ma James Brown continua a dare di matto. Guida mentre è fatto, va in giro con una pistola carica (e senza licenza), fugge dalla polizia quando cercano di fermarlo. La goccia che fa traboccare il vaso è quando picchia la moglie e le minaccia di spararle.

James Brown viene arrestato per abuso domestico. Dopo l’udienza preliminare, rilascia un’intervista che potete vedere su youtube e potrebbe essere la perfetta definizione video di cringe.

Non serve parlare inglese per sentirsi in imbarazzo per il video

James Brown continuerà a scrivere successi e a drogarsi per il resto della sua vita: secondo la moglie avrebbe fumato crack addirittura sul letto di morte.

Artisti drogati: che sballo

Un post come questo potrebbe sembrare istigazione a delinquere. Ma tutti gli artisti selezionati, assieme a migliaia di altri, sono accomunati da una cosa. La droga non li ha fermati. Forse sono rimasti dipendenti per tutta la loro vita, ma non per questo hanno rinunciato a fare quello che amavano (e gli dava denaro).

Vorrei dire che senza droga avrebbero tutti creato più opere ancora più belle. Ma non conosco i processi creativi di ogni artista della storia, e non potrei giurarci. Alessandro Manzoni (che in in realtà, da quel che sappiamo, non si drogava) ha portato a termine solo un romanzo nella sua vita e ha lasciato a metà alcune raccolte di poesie.

Indubbiamente per molti artisti, la droga è stata la fine della loro carriera e della loro capacità: alcuni sono addirittura morti o si sono suicidati, in seguito a problemi legati alla droga.

La morale, quindi? Boh: persone diverse reagiscono in modo diverso alle varie droghe e quindi…

No, troppo vago. Forse la morale è che non importa se vi drogate o no, l’importante è lavorare per realizzare…

No, così pare che voglio incoraggiarvi a drogarvi. Vediamo…

Ecco! La morale è che la droga fa male. Ma se proprio volete drogarvi lo stesso ed evitare almeno i problemi con la legge, date la preferenza a farmaci sballosi prescritti da un medico. Tra cinquant’anni, le persone del futuro vi considereranno comunque un drogato peggio dei Led Zeppelin.

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Questo articolo ha un commento

  1. lisa

    ma quindi manzoni si drogava o no?

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