The Wire: i veri personaggi

Chi sono i veri delinquenti e poliziotti che hanno ispirato i personaggi di The Wire? Quanto c’è di vero dietro agli avvenimenti della serie tv. E Omar è esistito veramente?

The Wire è un telefilm meraviglioso, riesce ad essere divertente e realistico come poca altra roba passata in tv. Se conoscete la serie non serve aggiungere altro, se non la conoscete non perdete tempo con questo articolo e andate a guardarla (e vi evitate gli spoiler).

Gli autori della serie sono Ed Burns, ex poliziotto e insegnante, e David Simon, una specie di Roberto Saviano di Baltimora (ok, ovviamente è il contrario) che ha passato diversi anni a fare il giornalista tra i ghetti dello spaccio e le centrali di polizia. Molti personaggi della serie sono ispirati a delinquenti, barboni e detective di Baltimora e in questo post scopriremo i più famosi.

Mescolare roba vecchia crea roba nuova

Torniamo a scoprire i veri personaggi che hanno ispirato gli eroi della fiction criminale. Al di là della curiosità, studiare questi argomenti è un modo per trovare ottimi esempi su quanto detto nel post su come trovare le idee per storie e ambientazioni. Perché, come diventerà evidente dall’articolo, scrivere di ciò che si conosce resta uno dei principi guida basilari quando inventiamo fiction, sia fantasy, che poliziesca, che di qualunque altro genere.

The Wire, a differenza di Lupin III, non remixa personaggi e scene presi da altre opere di fiction (o meglio: non è il suo metodo principale), ma si ispira a eventi e persone reali. “Si ispira” non significa “tratto da una storia vera”. Prende e mescola fatti di cronaca, allo stesso modo in cui Rick e Morty mescola Jurassic Park e Il Viaggio Fantastico. E i due autori, David Simon e Ed Burns, non a caso, sono esperti in materia.

Il realismo della serie è una cosa su cui insistono tutti i fan, ed è proprio la conseguenza della scelta di due autori di parlare di cose che conoscono. Vediamo assieme i veri personaggi di The Wire, i dettagli più succosi presi dalla realtà e come sono stati modificati dagli autori per diventare parti di una storia.

Ed Burns
Ed Burns

I veri personaggi di The Wire: le fonti

NOTA: il grosso delle informazioni di questo post proviene dai libri The Wire: truth to be told, All the pieces matter (carini, ma consigliabili solo a fan sfegatati della serie), Homicide e The Corner (bellissimi e da leggere), nonché da una lunga serie di articoli del Baltimore Sun, molti dei quali scritti da David Simon in persona prima che si desse alla sceneggiatura. Gli articoli sono in inglese, c’è un limite massimo di articoli visualizzabili prima che si sollevi il paywall, e per leggerli dall’Italia serve un vpn (so che una roba del genere suona degna di Scott Templeton, il giornalista bugiardo di cui parleremo più avanti, ma basta il vpn gratuito di Opera) (o un sacco di altri, immagino).

Insomma se volete potete leggere tutti gli articoli linkati gratuitamente, ma vi servirà un po’ di pazienza.

David Simon
David Simon

NOTA ALLA NOTA: i cinque gloriosi articoli Easy Money: Anatomy of a Drug Empire di David Simon sono disponibili in copia fotografica qui. Oltre a contenere le fonti di un buon 33% dei personaggi di cui parleremo, sono un capolavoro di giornalismo e di scrittura in generale e mostrano nel dettaglio gli eventi reali che hanno ispirato la trama della prima stagione di The Wire. Se vi piace l’argomento è fondamentale leggerli.

I veri personaggi di The Wire: la Legge (e Prez)

Cominciamo con le forze dell’ordine. David Simon ha lavorato a lungo come giornalista di cronaca nera, seguendo diversi agenti della squadra omicidi. Squadra dove ha lavorato Ed Burns, prima di diventare un insegnante di scuola media. Una vicenda che ricorda molto la storia dell’agente Prez Pryzbylewski, senza contare che, durante delle indagini, Burns riuscì a decifrare col suo collega Harry Edgerton il codice con cui telefonavano gli spacciatori (sì: quello in cui 1 è 9, 2 è 8, e così via). I parallelismi finiscono qui. Ed Burns non ha mai sparato alla sua auto o ai suoi colleghi…

the wire - Prez
Roland “Prez” Pryzbylewski

Dicevamo? Sì, insomma, stando agli autori, molte scene con poliziotti sono ispirati a fatti a cui hanno testimoniato, o accaduti addirittura a loro. Ma non si sono limitati a ispirazioni generiche, o a singoli fatti. In un paio di occasioni hanno deciso di trasformare in fiction dei poliziotti veri.

Jimmy McNulty

Purtroppo, tra questi non c’è Jimmy McNulty, il detective ubriacone e ribelle che ha un ruolo principale in molti episodi. Ed Burns, visto il suo ruolo negli arresti documentati in Easy Money, potrebbe essere un vago spunto. Ma i parallelismi mi sembra che finiscano qua.

the wire - McNulty
Jimmy McNulty

In un’intervista, David Simon afferma di aver voluto dare a McNulty motivazioni moralmente discutibili. Non sembra tanto interessato alle vittime o al bene della città: vuole risolvere il caso, per ostinazione e senso di superiorità verso i delinquenti, i colleghi e i capi. E, stando a Simon, non sarebbe una cosa lontanissima dalla realtà. Citandolo (cioè, traducendolo…):

“La verità assoluta su ogni agente che ho conosciuto è che il meglio che puoi sperare di trovare in un buon poliziotto è che gli interessi il gioco. Per un buon investigatore, l’omicidio è un affronto alla sua vanità intellettuale, e lo dico nel miglior senso possibile.”

E poi continua raccontando di un poliziotto iper razzista, che molestava i vicini afroamericani, ma che però risolveva 12 omicidi all’anno, quasi tutti con vittime di colore, aiutando le famiglie a trovare giustizia. Non che gliene fregasse un accidente di questo, ovvio.

McNulty non si lascia mai andare in comportamenti particolarmente razzisti, ma di certo ha un atteggiamento simile nei confronti del suo lavoro.

Nota per chi legge gli articoli di worldbuilding e scrittura

Dal punto di vista narrativo, può c’è un’altra cosa da notare. McNulty riprende sotto molti punti di vista il tropo (il cliché?) del detective maledetto, ubriacone, che non gioca secondo le regole, ma porta i risultati. Da Marlow ad Arma letale è un qualcosa che abbiamo visto 1000 volte. Ma il tropo, qui, viene reinterpretato in chiave diversa dal solito (gli autori scelgono il realismo). E le conseguenze autodistruttive, al limite del masochismo, del comportamento di McNulty superano di molto i risultati nel lavoro, diversamente da quello che succede in molte storie con personaggi come lui.

Questo è un esempio di remix, di prendere un tropo familiare per il pubblico e cambiarlo fino a renderlo qualcosa di nuovo. Il pubblico è a suo agio con qualcosa che conosce già, ma è ammaliato dalle differenze che gli danno una prospettiva completamente nuova e diversa a qualcosa che pensavano di conoscere bene. Remixare partendo da un elemento familiare mescolato con qualcosa che lo renda nuovo o gli dia una prospettiva diversa è uno dei metodi più produttivi per sviluppare le idee. Ma lo vedremo più approfonditamente in un post di worldbuilding.

William “Bunk” Moreland

Passiamo a uno dei pochi personaggi nella serie che può essere definito un buono: il detective William Moreland, ovvero Bunk. È ispirato all’ex poliziotto, oggi in pensione, Oscar Requer, anche lui soprannominato Bunk. Il soprannome deriva dal fatto che Requer chiami Bunk qualsiasi collega o amico (forse un’abbreviazione di bunkmate – camerata, nel senso di compagno di dormitorio in caserma, non di amichetto fascista).

the wire - Bunk
William “Bunk” Moreland

Oltre ad essere due gocce d’acqua, personaggio e persona reale condividono la passione per i sigari e la lunga esperienza nella squadra omicidi (la sfilza di articoli in cui compare nel Baltimore Sun è impressionante).

Il vero Bunk è stato uno dei primi poliziotti di colore nella Baltimora anni ’60. Nel ’78 entra nella squadra omicidi, dove lavora per vent’anni, indagando prevalentemente su crimini legati alla droga.

L’indagine fenomenale che, nella seconda stagione, porta Bunk e Lester a trovare il colpevole dell’omicidio delle 14 prostitute senza nome, prende vago spunto da una vicenda di Requer. Non sono un esperto di indagini, ma l’iter classico, nelle indagini di omicidio, è identificare la vittima e poi cercare il colpevole. Nel ’92 Requer riuscì a risolvere il caso saltando il primo passaggio.

Oscar Requer
Oscar Requer

Come personalità, pare che anche il Bunk della realtà abbia un senso dell’umorismo un po’ volgare, la gran classe nella scelta di vestiti e cravatte, e un’estrema precisione. Come i peggiori troll della rete, commentava i film polizieschi sottolineando la mancanza di realismo o semplicemente la totale incompetenza dei detective della tv.

Jay Landsman

Poliziotto grasso e stronzo, ma dal cuore d’oro. Passa le giornate a guardare riviste di donne nude, mangiare ciambelle e a prendere in giro i sottoposti. Quando non è impegnato a difenderli davanti a Rawls. È ispirato al vero Jay Landsman, ex sergente di polizia alla squadra omicidi di Baltimora. I due Landsman condividono, oltre al nome, i modi spicci, la parlantina volgare, la passione per il bere e la creatività nello svolgere il proprio lavoro. Ad esempio, il Landsman della tv usa una fotocopiatrice come macchina della verità per interrogare un sospetto, mentre il Landsman della realtà si divertiva a spaventare gli automobilisti più veloci puntandogli contro l’autovelox, che in realtà era un tubo barattolo d’orzo solubile ricoperto di carta stagnola,

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Jay Landsman (il personaggio di The Wire)

Il vero Jay Landsman fa parte di una famiglia di poliziotti: suo fratello, suo genero e suo figlio hanno lavorato o lavorano nella polizia di Baltimora. Suo padre, Raymond Landsman, è stato il secondo ebreo ad essere mai diventato ufficiale nella cosmopolita e multiculturale Polizia di Baltimora. David Simon, nel libro Homicide, dice il primo, ma ho trovato un’intervista alla moglie e a uno dei figli dove affermano che sia il secondo (il fatto di essere riuscito a correggere un’affermazione di David Simon, sia pure su un dettaglio inutile come questo, gonfia il mio ego come una mongolfiera).

Landsman dappertutto

Oltre ad essere notevolmente più magro della sua controparte televisiva, Jay Landsman sembra essere una persona decisamente più bizzarra. “Un caso di follia” lo definisce un suo collega nel libro Homicide, che odia la burocrazia e la catena di comando, dotato di un umorismo molto macabro di cui ama fare sfoggio durante le indagini di omicidio.

Jay Landsman
Il vero Jay Landsman (mentre interpreta Mello)

Partecipa al casting di The Wire, facendo un’audizione per interpretare se stesso. Lo scartano, ma gli danno il ruolo di Dennis Mello, l’aiutante e poi sostituto di Bunny Colvin. Ovviamente anche questo personaggio è ispirato a un altro vero poliziotto di Baltimora, il Capitano Dennis Mello, comandante del Distretto Ovest quando Ed Burns lavorava nella polizia.

Jay Landsman, oltre al suo omonimo, ha ispirato il detective Munch (interpretato da Richard Belzer), uno dei detective più onnipresenti della tv. Oltre ad essere uno dei protagonisti di Homicide e Law and Order, fa comparse in The Wire (s05e07, entra nel bar di Kavanaugh Bar), X Files, i Simpson e i Muppets.

William Rawls

Ogni buon poliziesco ha un capo della polizia stronzo che strilla contro il protagonista che ha appena distrutto dodici auto per catturare un tizio che ha girato senza mettere la freccia. Ora, McNulty non spara un colpo di pistola in cinquanta ore di telefilm, ma non per questo Rawls è meno incazzato. Probabilmente, il personaggio risulta più negativo di quanto volesse l’autore, dato che nel commento dei DVD sottolinea che la sua pessima abitudine di falsare le statistiche sia dovuta alle enormi pressioni che riceve dell’alto. Il suo modo di fare autoritario che spesso trascende nella minaccia sarebbe ripreso da Joe Cooke, comandante del CID di Baltimora.

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Rawls

I veri personaggi di The Wire: la Strada

Passiamo all’altra squadra che partecipa al gioco: la strada, ovvero tutte le persone che lavorano o orbitano attorno a un mercato aperto di droga. Come per la legge, anche qui vedremo tossici e spacciatori di terz’ordine ma anche boss e “soldati”: i sicari pagati dalle gang. Di nuovo, l’esperienza e le conoscenze in materia di David Simon e Ed Burns sono alla base di più o meno ogni personaggio o avvenimento, anche quelli che non si ispirano direttamente a singole persone reali.

Avon Barksdale

Il Boss dello spaccio di Baltimora ovest è un criminale vecchia scuola, con una gran voglia di menare le mani, ma anche un minimo di senso dell’onore. Avon Barksdale, stando a Simon, non è ispirato a nessun delinquente specifico. Ma dando un’occhiata ai suoi vecchi articoli sui boss dello spaccio di Baltimora, due nomi svettano sugli altri: Nathan “Bodie” Barksdale e, soprattutto, “Little” Melvin Williams.

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Avon Barksdale

Nathan Barksdale, classe ‘61, ha uno strano rapporto con la serie. Se da una parte è stato prodotto un documentario sulle somiglianze tra i boss del telefilm e della realtà, dall’altra David Simon ha negato di essersi direttamente ispirato alla sua biografia. In ogni caso Nathan al suo alter ego televisivo fornisce il cognome e la passione per la boxe.

Da ragazzino perde una gamba, dopo aver rapinato uno spacciatore, che lo investe con un camion. Dopo una notevole carriera, dove sopravvive a decine di sparatorie e incassa una ventina di pallottole, diventa un boss criminale, torturatore spietato e assassino. Lavora per Melvin Williams (lo vediamo tra poco) e viene arrestato assieme a lui.

Negli ultimi anni della sua vita abbandona il crimine e collabora in programmi cittadini per dissuadere i più giovani dal crimine.

Ma il fatto che abbia smesso di uccidere e spacciare, non significa che sia diventato onesto. Barksdale è un mito tra i criminali di Baltimora, e grazie a The Wire, un po’ in tutta l’America. Sfrutta la sua fama per farsi dare assaggi gratuiti di eroina dagli spacciatori, promettendo di passarli a suoi fantomatici contatti. Invece se la fuma tutta.

Nathan Barksdale
Nathan Barksdale

La polizia lo becca con le mani nella marmellata e lo arresta. Muore in carcere nel 2016, dove stava scontando una condanna di quattro anni.

È il protagonista di un documentario chiamato, non a caso, The Avon Barksdale Story: Legends of the Unwired, dove racconta le sue esperienze a Wood Harris (l’attore che interpreta Avon nella serie).

Little Melvin Williams

Vale la pena di spendere un paio di parole in più su Little Melvin, classe ‘41. Compie una carriera criminale di tutto rispetto: a quindici anni è un baro professionista, dopodiché diventa il braccio destro del boss ebreo Julius Salisbury, oltre a fomentare rivolte razziali negli anni ‘60 e ad essere incarcerato svariate volte.

Melvin Williams
Melvin Williams

Nel 1978, dopo 4 anni di prigione durante cui diventa salutista, vegetariano e appassionato lettore, scopre di avere un sogno nel cassetto: “Diventare il miglior spacciatore del mondo.” Comincia a vendere quintali di eroina, grazie alle regole che impone ai suoi sottoposti. Li costringe ad agire come se tutti i telefoni fossero intercettati, e tutti gli sconosciuti fossero agenti della polizia sotto copertura. Il sistema regge per qualche anno, tuttavia Melvin viene tradito da due sottoposti e incarcerato.

Due anni dopo ottiene la libertà sulla parola e comincia a vendere coca e fare lo strozzino. Entra ed esce di prigione per diversi anni, fino alla condanna “definitiva” (le virgolette perché molto più breve di tante altre) nel 2000. Durante questi tre anni di carcere sembra cambiare davvero, scopre la fede e decide di riabilitarsi. Aiuta ragazzi problematici nei ghetti e fa qualche piccola comparsa nella terza, quarta e quinta stagione di The Wire, vestendo i panni del diacono. Nel 2015 muore di cancro.

La sua carriera criminale, oltre ad essere piena di spunti interessanti per chi scrive fiction di più o meno ogni genere, è stata documentata molto bene da David Simon in una caterva di articoli… E potrebbe diventare un post a sé stante in futuro.

Russel “Stringer” Bell

Idris Elba è la vera star di The Wire. Quando non era impegnato a sfondarsi di canne o a spendere soldi in strip-club, interpretava Stringer Bell, braccio destro di Avon e criminale molto intelligente, che vuole spostare l’impero fuori dalle strade e diventare un uomo d’affari legittimo. Alle accuse di McNulty risponde con distacco e professionalità, senza minacciare querele e denunce.

the wire - Stringer Bell
Stringer Bell

E dunque NON è ispirato a Kenneth Antonio Jackson, imprenditore di Baltimora e proprietario dell’Eldorado Lounge, locale con spogliarelliste, che ha già denunciato il City Paper di Baltimora, che in un articolo ricordava il suo passato criminale con un po’ troppa vivacità. Non credo che la persona dietro la K.A.J. Enterprise leggerà mai Gondorcal, in ogni caso sottolineo che qui riporto solo notizie scritte da altri: per favore non denunciatemi (denunciate loro!)

Kenneth Jackson

Cazzate a parte, “Kenny Bird” Jackson nasce nel 1957 alle Latrobe Homes. Cresce in un ambiente disagiato ed entra nel mondo del narcotraffico. Viene accusato di omicidi, rapine e spaccio, ma viene quasi sempre assolto, ricevendo solo condanne minori per possesso di droga e di armi da fuoco illegali. David Simon dice che fosse uno dei luogotenenti di Melvin Williams, cosa che Kenneth ha sempre negato (senza denunciare, però, in questo caso).

È comunque un ragazzo più studioso dei suoi compari: comincia a gestire diverse attività, tra cui lo strip club di proprietà della madre, e studia economia al Baltimore Community College, dove viene regolarmente pedinato dalla polizia. Negli anni ’90, prosciolto da ogni vecchia accusa, avrebbe iniziato a finanziare le campagne politiche di diversi candidati democratici, in cambio alcuni favori per la gestione dell’Eldorado. Tra le persone che ha finanziato negli anni, brillano i nomi di Al Gore e Martin O’Malley, la persona che, come vedremo, ha ispirato alcune caratteristiche di Carcetti, e nel 1999 ha restituito 2000 dollari provenienti dal signor Jackson.

Kenny Bird si laurea in economia nel 2007, e gestisce l’Eldorado Lounge, che potete visitare anche oggi se vi trovate a Baltimora.

Eldorado Lounge
Eldorado Lounge

Nonostante le denunce e querele verso i quotidiani che parlano del suo passato criminale, partecipa al documentario di Nathan Barksdale, dove racconta le sue avventure da giovane per le strade di Baltimora.

Lamont Farmer

Ok, ora che ho scritto un bel muro di testo per dire a chi NON è ispirato Stringer Bell, spendiamo due righe per vedere chi c’è dietro. Il suo nome, stando al Guardian, è stato preso in prestito da quelli di due gangster, Stringer Reed e Roland Bell. Che, tanto per cambiare, compaiono anche loro nella serie di articoli Easy Money. Roland Bell si distingue per essere un assassino a sangue freddo che si vanta davanti alla polizia di non dare nessun nome dei suoi complici. Viene condannato a 100 anni di carcere.

Un altro gangster a cui potrebbero essersi ispirati era uno dei luogotenenti di Little Williams, Lamont “Chin” Farmer. È stata sua l’idea di comunicare solo tramite cercapersone e telefoni pubblici, per evitare intercettazioni, nonché quella del codice invertito per i numeri di telefono (la stessa scoperta da Burns, nei soliti articoli). Possedeva una copisteria come copertura dei suoi affari, frequentava economia al college e, durante le intercettazioni, è stato sentito mentre cercava di insegnare ai suoi sottoposti cosa fossero il libero mercato e la massimizzazione dei profitti.

codice
Illustrazione da Easy Money che spiega il codice di Farmer (e altri)

Marlo Stanfield

Marlo è uno dei pochi cattivi al 100% di tutte e cinque le stagioni. È ispirato a diversi malavitosi. Prende il nome da Timirror Stanfiel e Marlow Bates, due fratellastri di Baltimora ovest degli anni ’80 in aperta rivalità con la gang di Nathan Barksdale. Timirror e Marlow diventano boss molto giovani, grazie ai loro metodi brutali. Pagano bambini di 8-9 anni un dollaro al giorno per stargli attorno trasportando armi, in modo da avere sempre a disposizione una pistola quando erano per strada senza poter essere arrestati dalla polizia. A differenza di Marlo, vengono arrestati nel 1986.

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Marlo

Altro criminale a cui si sono ispirati gli autori è Linwood “Rudy” Williams, un assassino sociopatico che all’inizio degli anni ’90 era a capo di una gang che spaventava anche i boss più potenti. Non strinse mai alcuna alleanza con altri boss, tranne che con Curtis “Wimpy” Manns. Dopo essere entrato nella sua gang, ruba i contatti dei suoi fornitori di eroina e lo uccide. Ha ordinato l’omicidio di diverse persone, tra cui la guardia giurata di un alimentari, per aver parlato con sua moglie. È stato sbattuto in galera mentre mandava a fanculo il giudice, e richiedeva un nuovo processo.

Dennis “Cutty” Wise

Ex aiutante di Avon che, dopo una lunga permanenza in prigione, è indeciso se tornare a fare l’assassino a pagamento o cambiare vita. È ispirato al killer omonimo, Dennis Wise, condannato all’ergastolo nel 1979.

the wire - Dennis Wise
Dennis “Cutty” Wise (nella serie)

Il vero Dennis Wise era uno dei due assassini più temuti di Baltimora alla fine degli anni ’70 (l’altro, Vernon Collins, lo conosceremo tra poco). Freddo e intelligente (nonostante sia stato arrestato quasi un centinaio di volte in tre anni di attività, non ha mai parlato se non per chiedere un avvocato), era protetto anche dalla sua sinistra fama, tanto che nessun testimone dei suoi omicidi ha mai parlato alla polizia.

La sua è una storia curiosa. Nasce in una famiglia relativamente benestante, lontana dal mondo della criminalità. Frequenta una scuola cattolica e fa il chierichetto. Vince una borsa di studio per andare a una scuola superiore privata, ma una volta lì decide di smetterla di fare il bravo ragazzo e comincia a fare scippi e piccoli furti. Viene incarcerato svariate volte e diventa sempre più violento. A diciotto anni si becca la prima pallottola che gli buca il collo da parte a parte e non lo uccide solo per miracolo. A quel punto decide di smetterla coi furti e inizia a fare sul serio. Comincia a spacciare e, secondo i detective, diventa un killer a pagamento per le gang criminali.

L’arresto

Alla fine del ’79 viene arrestato per un omicidio di cui si dichiara ancora innocente e condannato all’ergastolo. La sua vita cambia, l’atteggiamento no. La sua fama lo precede in carcere e diventa ben presto leader di una gang e fomentatore di scontri. Tenta di fuggire per due volte (una gli riesce addirittura, ma viene individuato solo pochi giorni dopo) e pare che “si prendesse cura” dei carcerati troppo violenti e instabili per conto di alcuni secondini.

Dennis Wise
Il vero Dennis Wise

La svolta arriva negli anni ’90. Conosce la sua unica figlia ancora viva e decide di cambiare. Abbandona la violenza (probabilmente, un uomo con la sua fama, non ne aveva particolare bisogno in carcere), ma resta un’autorità tra i prigionieri, tanto che viene trasferito in tre diversi carceri del Maryland prima che, nel 1999, si decidano a trasferirlo in Arizona. Più di un esperto ha definito Wise un criminale irrecuperabile e un abile manipolatore. Ha inviato proteste formali a diversi quotidiani per impedire il trasferimento, ma non c’è stato niente da fare.

Al di là del fatto che la sua redenzione sia vera o meno, ha cominciato a studiare e conseguito una laurea in psicologia, oltre a pubblicare un romanzo ispirato alle proprie esperienze: The Wolf Trap, inedito in italiano, che potete comprare qui.

Nel 2017 viene rilasciato per buona condotta e va a vivere con la sua famiglia in una zona di campagna fuori da Baltimora.

Roland “Wee-bey” Brice

Il miglior soldato di Barksdale, Wee-Bey è un killer spietato ed efficiente. Il suo lato umano è rappresentato dalla sua passione per i pesci tropicali e dalla decisione di affidare il figlio alle cure di Bunny Colvin, per non fargli fare la sua stessa fine.

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Roland “Wee Bey” Price

Il personaggio è ispirato a Vernon Collins, spacciatore e killer che operò a Baltimora tra gli anni ’70 e ’80. Soprannominato Bey-Brother, riuscì ad evitare cinque condanne per omicidio prima del 1987, anno in cui venne fermato dalla polizia mentre trasportava un borsone pieno di eroina e condannato a 35 anni di carcere. Negli atti del suo processo è stato definito “un narcotrafficante assassino, temuto anche dai narcotrafficanti di Baltimora”. Pare che a differenza di molti killer, invece di fare affidamento sull’omertà, preferisse uccidere le proprie vittime in modo discreto, lontano anche dagli occhi degli altri criminali.

Suo nipote, Sheldon Candis, un giovane regista indipendente, ha realizzato un film, LUV: Learning Uncle Vernon, che non parla dello zio Vernon cicciottello della famigerata saga che non si può pronunciare, ma appunto di Collins che cresce il suo giovane nipote educandolo al mondo della droga e della criminalità.

Omar Little

Un robin hood del ghetto con fucile a pompa e giubbetto antiproiettili che rapina gli spacciatori per regalare dosi alle mamme tossiche delle case popolari. Talmente figo da sembrare inventato. E invece…

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Omar

Omar Little è ispirato a una serie di delinquenti che tra gli anni ’80 e ’90 sbarcavano il lunario rapinando gli spacciatori, tra cui spiccano Shorty Boyd, Ferdinand Harvin (che testimoniò in tribunale contro un boss dello spaccio) (e che in un’intervista ci tiene a sottolineare di NON essere gay), e una coppia di rapinatori soprannominati Cadillac e Low.

Uno in particolare, tuttavia, è legato al personaggio di Omar: Donnie Andrews.

Donnie Andrews

Donnie Andrews nasce nel ’54 in un quartiere molto violento: a nove anni assiste a un omicidio per pochi spiccioli. Decide di diventare un rapinatore, ma con una certa etica: evita gli omicidi e non minaccia né ferisce i passanti. Tra le sue avventure che hanno ispirato lo show si può ricordare la fuga da un gruppo di spacciatori alle Murphy Homes che si conclude con Andrews che salta da un balcone al sesto piano. Atterra e, in qualche modo, riesce a sopravvivere e scappare. Nel telefilm, interpreta uno degli sgherri di Omar che muore proprio durante quell’episodio.

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Donnie Andrews

Nel 1986, dopo un duplice omicidio, si consegna alla polizia e viene arrestato da Ed Burns che resta subito affascinato dalla storia del delinquente pentito. Le sue somiglianze con Omar, purtroppo, non finiscono qui. I nemici del personaggio televisivo si rifanno spesso sugli amanti di Omar, meno risoluti e bravi a combattere. E così, la prima moglie di Andrews viene assassinata mentre lui è in carcere. I colpevoli non sono mai stati arrestati.

Da allora collabora con Burns e Simon alla stesura di diversi libri e sceneggiature (tra cui The Wire) e si impegna nel sociale per evitare carriere criminali ai ragazzini di Baltimora. Si è risposato nel 2007 ed è morto nel 2012 per complicazioni dopo un intervento al cuore.

Ok, alcuni di voi si chiederanno: Sposato due volte? Ma Omar non è gay? Andrews, in un’intervista, ha dichiarato che: “L’idea del gay l’hanno presa da un certo Billy Outlaw, un rapinatore omosessuale.” Non ho trovato altre informazioni su Billy Outlaw, ma indubbiamente, in un ambiente omofobo come quello della criminalità organizzata, doveva far girare le palle ai boss il fatto di essere costantemente rapinati da un gay.

Ah, la passione di Omar per la mitologia classica è un dettaglio inserito da Ed Burns, che nella sua esperienza da insegnante, constatò che molti ragazzini del ghetto restavano attenti solo durante le lezioni di storia, mostrandosi interessati in particolar modo ai miti greci.

Nota per gli aspiranti scrittori: realismo e verosimiglianza

Il fatto che Omar, nella serie, salti dal terzo piano e riesca sopravvivere e correre via è considerata da molti una nota poco realistica. Ma come abbiamo visto, nella realtà, Andrews è saltato non dal terzo, ma dal sesto piano. E a differenza di Omar non è rimasto zoppo per il resto della sua vita.

Ma questo non vuol dire che chi ha fatto critiche simili sia necessariamente stupido. La realtà può permettersi cose assurde e incredibili che nella fiction sarebbe davvero difficile giustificare e rendere plausibili. Nella realtà ci sono casi di persone cadute da altezze demenziali che sono sopravvissute. Ma in molti film che vogliono essere realistici, buttare qualcuno da un aereo e vederlo che cammina tranquillo nella scena successiva non è una grande idea (diverso discorso per cartoon o storie con atmosfere più leggere e meno interessate alla credibilità del proprio mondo).

Insomma, il fatto che qualcosa di assurdo sia successo davvero, non è una scusa per gli autori incapaci di scrivere scene di merda con avvenimenti simili e poi dire “Ma è andata davvero così!”

Non a caso, The Wire prende alcuni accorgimenti per rendere la scena più digeribile. No: non semina in dialoghi che Omar è molto bravo a saltare. Piuttosto mostra che un’intera gang di criminali è assolutamente incredula all’avvenimento: “No: non può essere”. La serie riconosce che lo stupore del pubblico è giustificato: questo avvenimento è strano.

In secondo luogo, Omar diventa zoppo: paga un prezzo notevole in cambio dell’incredibile botta di culo che ha avuto. Non dico che sia la soluzione più elegante possibile, ma è meglio di niente. Ricordatelo quando scrivete, o state mostrando in qualche modo le parti più apparentemente assurde e incredibili del mondo che avete inventato.

Snoop

Snoop è una soldatessa che lavora per Marlo, nonché la dimostrazione di che razza di equalizzatore sociale siano le armi da fuoco. Una minorenne settimina alta un metro e mezzo, una volta che ha una pistola in mano, può diventare più terrificante di Gengis Khan a cavallo.

Snoop è vagamente ispirata a Felicia “Snoop” Pearson: ovvero l’attrice stessa. La vera Snoop non era uno dei sicari più temuti di Baltimora, ma comunque una criminale con una carriera notevole. La madre, tossica, la dà presto in adozione e la piccola Felicia Pearson cresce passando da una casa famiglia all’altra. Entra ben presto nel giro del crimine: nelle strade, per le donne, la via più tradizionale è la prostituzione, ma Snoop è lesbica e non ha intenzione di andare contro i suoi gusti in cambio di denaro.

the wire - Snoop
Snoop

In compenso si trova a suo agio con la violenza e entra in una piccola gang di spacciatori, dove si distingue per i metodi violenti. Nel 1994, durante una rissa con un’altra gang di spacciatori spara a una ragazza e la uccide. Viene condannata a otto anni di carcere, ma esce dopo sei anni e mezzo per buona condotta.

Conosce Micheal Williams, l’attore di Omar, in uno Strip Club e lo colpisce coi suoi modi. Micheal la propone come attrice a David Simon e inizia così la sua carriera televisiva. Compare in vari programmi e video musicali, lavora nel sociale e si fa arrestare di nuovo nel 2011 per possesso di droga, che risulta in una condanna minore.

Ha scritto un’autobiografia piena di dettagli interessanti: Grace after Midnight.

Bubbles – Possum

Chiudiamo la strada con un personaggio che sta simpatico a tutti. Bubbles, il senzatetto tossicodipendente. Il personaggio è ispirato a un informatore della polizia conosciuto col soprannome di Possum. David Simon ci ha parlato in due occasioni mentre scriveva dei libri sullo spaccio a Baltimora.

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Bubbles

Possum era un tossico “storico” di Baltimora che aveva iniziato a consumare eroina appena quindicenne, alle fine degli anni ‘50.

Diventa bravo a fare furti con scasso, ma nel 1958 viene beccato. I poliziotti, però, gli offrono l’alternativa di dare i nomi dei complici e uscirne pulito. Lui parla e i poliziotti non solo lo lasciano andare, ma gli allungano qualche dollaro di ringraziamento. Così diventa un informatore per la polizia, e in cambio gli agenti gli mollano 50 o 100 dollari a soffiata, spesso pagando di tasca propria. E lo lasciano andare quando viene arrestato per possesso di eroina o per piccoli furti.

Simon racconta che Possum era dotato di una memoria fotografica e una conoscenza perfetta della città di Baltimora. Senza contare un grande ingegno. Possum si è davvero inventato il trucco del cappello mostrato nella serie. Quando la polizia aveva il nome di un ricercato ma nessuna foto, Possum andava in zona a rivendere dei cappelli rubati. Al ricercato offriva il cappello rosso e la polizia poteva riconoscerlo e fotografarlo da lontano.

La fine di Possum

Purtroppo non è l’unico dettaglio dello show ispirato alla sua vita. Come Bubbles, anche Possum veniva spesso malmenato da un giovane tossico che gli rubava soldi ed eroina. E Possum racconta di aver davvero avvelenato due dosi eroina con acido da batteria, per farsele rubare e uccidere il ladro. Il piano gli riesce, ma il ladro si spara le dosi assieme a un amico che non c’entrava niente con i furti e muoiono tutti e due.

A differenza di Bubbles, però, 30 anni di scambiarsi le siringhe con altra gente gli fanno davvero prendere l’aids. Muore nel 1992. Intervistato da David Simon sul letto di morte, riesce a scucirgli 20 dollari in cambio di qualche storia divertente sui delinquenti del passato, finite su questo bellissimo articolo.

I veri personaggi di The Wire: i pagatasse

La gente normale, che non fa parte della polizia o del giro di delinquenti e tossici sono i pagatasse, quelli che in teoria sono fuori dal gioco. In teoria. The Wire è come quelle persone che, a prescindere da cosa gli chiedi, rispondono: “è complicato”.

E mostra come tutti le parti della società sono connesse e una decisione in consiglio comunale può avere ripercussioni su mille personaggi che non comparivano in quella scena.

Di nuovo: le esperienze di Ed Burns e, stavolta soprattutto, David Simon sono alla base di moltissime trovate e personaggi.

Ziggy Sobotka

A metà strada tra Paperoga e un personaggio di Andrea Pazienza, Ziggy Sobotka è un portuale tonto e sfortunato. Simon dice di aver conosciuto una ventina di persone come lui, tuttavia l’ispirazione principale proviene da Pinkie Bannion, un portuale alcolizzato che era solito andare al bar con la sua papera domestica, ubriacarsi fino alla lobotomia, e mostrare a tutti l’uccello (il cazzo, non la papera).

the wire - Ziggy
Ziggy Sobotka

Tommy Carcetti

Giovane idealista, candidato sindaco, e politico con le mani sulle chiappe altrui. Il percorso professionale di Ditocort— di Tommy Carcetti ha dato un’aura negativa al personaggio e anche alla sua principale fonte d’ispirazione, l’ex sindaco di Baltimora e attuale Governatore del Maryland, Martin O’Malley.

the wire - TOmmy Carcetti
Tommy Carcetty

O’Malley, in passato, ha dichiarato di odiare The Wire. Odiarlo, non disprezzarlo. Ha anche affermato, da governatore, di non essere The Wire, ma l’antidoto ai problemi evidenziati dallo show. Qui, la mia totale ignoranza sulla politica americana non mi permette di andare troppo a fondo. Da sindaco ha continuato la guerra contro la droga con arresti di massa e tolleranza zero (due strategie che, a detta del signor Simon, sarebbero dannose e disumane), e ha avuto diversi problemi nella sua prima campagna elettorale legati al colore della pelle (unico candidato bianco in una città la cui popolazione è perlopiù di colore) e ad alcuni finanziamenti provenienti da persone non proprio per bene (date un’occhiata alla voce su Stringer Bell).

Come Carcetti, avrebbe cercato di “diffamare” il suo predecessore alla carica di sindaco: mentre il personaggio televisivo cerca di far ricadere su Royce la responsabilità dei morti nelle case popolari, O’Malley, una volta sindaco, avrebbe fatto riclassificare i crimini non violenti del 1999 (prima di essere eletto) come crimini violenti per mostrare quanto il suo predecessore fosse incapace e quanto avesse migliorato la situazione dopo pochi anni in carica.

Governatore O’Malley

Da Governatore del Maryland ha abolito la pena di morte, legalizzato il matrimonio gay, e si è fatto un selfie in treno con David Simon, con cui condivide la passione per i Pogues (e per la birra Corona, a quanto pare).

Simon e O'Malley
“Tutto perdonato. Sfonnamoce de bira e sentiamo i Pogues!”

Democratico, la sua carriera politica è fondamentalmente simile a quella del personaggio televisivo: membro del consiglio comunale di Baltimora, Sindaco e Governatore. A differenza di Carcetti, però, non è di origini italiane, ma irlandesi (chi l’avrebbe mai detto).

Nel 2016 ha perso le primarie del partito democratico con Hilary Clinton e al momento non ricopre cariche politiche.

Clay Davis

Isiah Whitlock Jr., l’attore che interpreta Davis -nonché ideatore del tormentone “sheeeeeeeee-it” che pronuncia per la prima volta nel Film di Spike Lee, La 25esima Ora- dice che dietro al senatore Clay Davis ci sarebbe un vero politico di cui non fa il nome, ma sembra alludere a Larry Young.

the wire - Clay Davis
Clay Davis

Larry Young, democratico, a inizio anni ’90 entra nel Senato del Maryland. Nel 1998, però, viene scoperto che ha incassato oltre 100.000 in regali di lobby e criminali alla sua azienda privata (formalmente della moglie), e lo cacciano. Oggi il signor Young, estromesso dalla vita politica, scrive libri e conduce uno show radiofonico. Ha fatto anche lui una comparsata in The Wire (Stagione 5 Episodio 5, dove interpreta, non a caso, l’ospite a uno show radiofonico).

Young
Larry Young

Scott Templeton

Chiudiamo in bellezza con uno dei personaggi più viscidi della serie. Il Baltimore Sun (che al di là della brutta fama che si guadagnerà in questo paragrafo ha la mia eterna gratitudine visto che ha messo online, gratis, un archivio abbastanza completo con oltre trent’anni di articoli) finisce i soldi e per sopravvivere ricorre a una strategia che farebbe orrore a ogni giornale italiano: fa tagli al personale mentre aspetta nuovi contributi. Il direttore chiede di fare di più con meno. Scott Templeton, giovane giornalista con un sogno nel cassetto, prende la richiesta alla lettera e comincia a scrivere articoli con notizie inventate, fonti anonime e toni drammatici.

the wire - scott templeton
Scott Templeton

Le persone reali che hanno ispirato il personaggio sono svariate: il primo sarebbe Jim Haner, ex collega di Simon al Baltimore Sun che aveva la cattiva abitudine, con la complicità di alcuni redattori, di attribuire a fonti anonime giudizi provocatori e particolari curiosi che poi si rivelavano falsi. Sembra inoltre che fosse un pessimo scrittore, stando a questo articolo molto critico.

Giornalismo creativo

Gli altri campioni di giornalismo creativo, secondo il Washington City Paper, sarebbero Stephen Glass, Janet Cooke e Jayson Blaire.

Stephen Glass, del New Republic, era il più ingegnoso a fabbricare notizie false. Non si limitava a inventare storie, ma creava ad hoc grafici falsi, siti internet falsi, screenshot falsi, biglietti da visita falsi, per dare supporto alle proprie invenzioni. Scoperto ha rassegnato le dimissioni, scritto un’autobiografia romanzata, e visto la propria carriera cadere a pezzi sotto i colpi di centinaia di inchieste sui suoi articoli inventati. Oggi lavora come assistente legale e cabarettista a tempo perso.

Jayson Blair, invece, si distanzia un po’, vista la sua abitudine di rubare articoli e studi altrui senza chiedere il permesso o inserire la fonte. Capacissimo anche di inventare notizie dal nulla, lavora come reporter per il New York Times fino al 2003, anno in cui viene scoperto. È un momento di grande tristezza: in più di un’intervista ammette di aver mentito, ma a causa di disturbi mentali e abuso di alcol e droghe. Alcune delle sue invenzioni, dunque, sarebbero in realtà errori e distrazioni dettate da fattori esterni. Dà le dimissioni, e scrive l’autobiografia di rito.

Janet Cooke

Chiudiamo il tris di romanzieri al posto sbagliato con la star: Janet Cooke. Janet Cooke, giornalista per il Washington Post, vince il premio Pulitzer nel 1981 per “Jimmy’s World”, un articolo sulla vita di un bambino di otto anni che vende e fa usartio di eroina.

Nonostante le sviolinate retoriche, l’articolo presenta una situazione tragica e verosimile.

Troppo.

I lettori la tempestano di lettere in cui chiedono che riveli l’identità e l’abitazione del bambino per poterlo aiutare. Lei dice di non poter rivelare informazioni, altrimenti gli spacciatori potrebbero vendicarsi della sua soffiata. Ma le vicende di Jimmy continuano ad attirare le attenzioni di molti lettori, che cominciano a sospettare che il bambino non esista. Si scopre che Janet ha inventato le proprie credenziali vantando titoli di studio che non possiede. Quando vince il Pulitzer viene messa spalle al muro dai suoi stessi colleghi del Post e, finalmente, ammette di essersi inventata tutto di sana pianta.

Restituisce il Pulitzer, ma si dimostra un po’ più scaltra degli altri due giornalisti truffatori visto che, invece di perdere tempo con autobiografie, si limita a vendere i diritti cinematografici della sua vicenda per oltre un milione e mezzo di dollari. Il film non verrà mai realizzato, ma la Cooke può consolarsi con le avventure di Templeton su The Wire.

Ultima nota per aspiranti autori

Dalla vicenda di Janet Cooke possiamo imparare diverse cose. La prima e più ovvia è che se scrivete fiction non pubblicatela spacciandola per realtà. O se lo fate, fatelo come criminali, in una truffa dove avete dato un nome falso, non per vincere un premio pubblico che poi dovrete restituire! (sembra inutile per un autore, ma il mercato dei libri, delle sceneggiature e del game design non sono famosi per dare grandi soddisfazioni economiche, e magari qualcuno cerca un piano B…)

La seconda, invece, è la dimostrazione di quanto detto nel post sulla scrittura immersiva. Il pezzo di Cooke, stilisticamente, è scritto molto bene. Ovviamente è un articolo di inchiesta e critica sociale, un romanzo scritto così non andrebbe molto bene. Eppure si vedono tecniche di scrittura immersiva.

I dettagli grafici e immediati sulla casa e i vestiti di Jimmy, quando ci viene presentato. Il fatto che è moralmente giusto (è un bambino, innocente per definizione) ma soffre ingiustamente (l’ambiente degradato gli ha fatto conoscere la droga a soli 5 anni!). Il naturale flusso delle informazioni che mostrano un problema, le sue cause e conseguenze immediate e si allontana fino a parlare dei problemi di tutta la città (ecco: questo in un pezzo per un giornale è ottimo. In un racconto non necessariamente… nel parliamo nel post sul punto di vista).

Il pezzo di Cooke ha sfruttato così bene i meccanismi della scrittura immersiva che, oltre a farla vincere, ne ha decretato il fallimento, dato che la gente era così visceralmente connessa alle sofferenze del piccolo Jimmy da volerlo aiutare a tutti costi. Un buon romanzo può e dovrebbe dare la stessa risposta emotiva nel lettore.

The Wire: i veri personaggi sono troppi

Eccoci giunti alla fine di questa carrellata di personaggi di The Wire e le loro origini. E ho dovuto saltarne un bel po’, su cui le fonti erano troppo fumose. Abbiamo visto come la realtà, quello che conosciamo bene, anche se non ci piace particolarmente (come gli omicidi), è una fonte preziosissima per creare fiction originale e di alta qualità.

Ma, più in generale, se vi piace scrivere storie con cospirazioni, crimini, truffe, caccia all’uomo e società segrete, avete una caterva di fonti negli articoli citati.

In particolare Easy Money: Anatomy of a Drug Empire. Se volete scrivere una storia di crimine o di droga è una lettura imprescindibile.

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