L’assassino di Martin Luther King Jr.

Il 4 aprile 1968 Martin Luther King Jr., il campione dei diritti per gli afroamericani, viene ucciso da un colpo di fucile. Due mesi dopo, a Londra, viene arrestato James Earl Ray, l’assassino di Martin Luther King. Come ha fatto? Cosa lo ha spinto ad agire? È davvero stato lui?

James Earl Ray

James Earl Ray è passato alla storia come l’assassino di Martin Luther King Jr., un crimine che ha sia confessato che negato diverse volte. Prima di dedicarsi all’omicidio di uno dei più importanti uomini del secolo scorso, James Earl Ray era un delinquente di “bassa lega” (chi sono i delinquenti di alta lega? Thanos? Carmen San Diego? Lupin?). La sua carriera criminale precedente è talmente assurda e costellata di fallimenti da risultare quasi comica.

E, a dire il vero, anche dopo essere stato arrestato non sono mancati avvenimenti demenziali, con avvocati truffatori, tentativi di fuga che hanno ispirato eventi sportivi, e interviste trappola organizzate da Playboy. Ma andiamo con ordine…

Il piccolo assassino di Martin Luther King

Il piccolo James Earl Ray nasce il 10 marzo 1928 in una cittadina dell’Illinois. Ma la famiglia cambia aria ben presto. Il padre di James, un piccolo truffatore, ha smerciato degli assegni falsi in città e decide di cambiare identità e di traslocare in Missouri.

James Earl Ray, l'assassino di Martin Luther King in una foto segnaletica
Non ho trovato foto di James Earl Ray da bambino. Provate a immaginarvi questo tipo con un ciuccio e una cuffietta

Le cose, qui, non vanno meglio per i Ray. Sono poveri, e vivono in uno squallido quartiere dormitorio sovraffollato. Nel 1937, Marjorie Ray, la sorellina appena nata di James, muore in un incendio. James si trova male a scuola: ha problemi di disciplina, e non ci capisce molto di nessuna materia, con l’eccezione del disegno. Non passa molto tempo prima che inizi a seguire le orme paterne.

Nel 1942 ruba i quotidiani distribuiti al mattino per rivenderli di nascosto, ma viene quasi subito fermato da un problema che ostacolerà tutta la sua carriera criminale: si fa beccare. La polizia del Missouri, vista la sua giovane età, per stavolta lo lascia andare.

L’anno dopo, James, appena quindicenne, decide di averne abbastanza della scuola. Abbandona gli studi e torna in Illinois, dove vive con la nonna. Qui inizia a lavorare in una conceria, ma dopo qualche mese, il capo lo licenzia. James ha provato col crimine e col lavoro, ma ha fallito. Si butta sull’ultima opzione che gli rimane, l’esercito.

James è un minorenne indisciplinato e privo di esperienza, ma è il 1945 e ci sono Hitler e i giapponesi a minacciare gli Usa, quindi riesce ad arruolarsi lo stesso. Viene trasferito in Germania, dove finisce ripetutamente agli arresti per ubriachezza, risse e per tentata fuga. Nel 1948 viene congedato con disonore per inettitudine e mancanza di spirito di adattamento.

Il problema di farsi beccare

James Earl Ray torna a casa e inizia una lunga serie di lavori saltuari e crimini, sempre seguiti da un immediato arresto. Nel 1948 va a Chicago, a lavorare in una fabbrica di gomma. Ma anche stavolta non dura molto, e nel 1949 perde il lavoro e va in California. Qui rapina un bar, ma si fa beccare e viene condannato a tre mesi di carcere.

Busted
BUSTED!

Torna in Illinois, dove fa lavori saltuari e frequenta una scuola notturna per diplomarsi. Inoltre, nel 1952, rapina un tassista. Ovviamente si fa beccare di nuovo e viene condannato a due anni di carcere.

Nel 1955 tenta un colpo grosso e, assieme a un uomo conosciuto in carcere, ruba dei vaglia postali da un ufficio e li compila con dati falsi per farsi pagare un sacco di soldi. I due delinquenti vanno in Florida per riscuotere i soldi, ma si fanno beccare durante il viaggio. Ray, che confessa il crimine, viene condannato a quattro anni di carcere.

Uscito di prigione, riesce a rapinare ben tre supermercati prima di farsi beccare di nuovo: il suo record personale. Stavolta il giudice si incazza e lo condanna a 20 anni di prigione per crimini ripetuti.

La prima fuga e la prima regia

Nel 1960 James Earl Ray viene rinchiuso nel Penitenziario Statale del Missouri. James si è dimostrato inetto in ogni genere di crimine e attività, ma non si è mai dato per vinto. Ed è con lo stesso spirito che affronta la sua pena. Nel 1961 tenta la fuga, ma viene immediatamente beccato dalle guardie. Nel 1966 ci riprova, ma di nuovo viene beccato all’istante.

Le guardie iniziano a credere che sia matto o abbia qualcosa che non va nel cervello e lo mandano a un ospedale psichiatrico criminale per farlo analizzare. I medici dicono che è sano di mente, quindi viene incriminato per tentata fuga. Ma il processo non si svolgerà. Perché pochi mesi dopo, nel 1967, James Earl Ray riesce a fuggire.

Durante uno dei suoi turni di lavoro in cucina, riesce a nascondersi in un furgoncino che trasporta il pane fatto dai carcerati alle varie mense dei poveri. Questa volta James riesce a rubare una macchina senza farsi beccare e a far perdere le sue tracce. Si sposta in vari stati degli Usa, in Canada e alla fine in Messico, ad Acapulco.

Acapulco negli anni '60
Acapulco negli anni ’60

Qui decide di dare una svolta alla propria carriera. Cambia il suo nome in Eric Starvo Galt e si fidanza con una prostituta messicana che lo convince a tentare la fortuna nel mondo del porno. Ovviamente James è un uomo troppo di classe per recitare, quindi farà il regista. Investe i suoi ultimi risparmi per comprare telecamere, macchine fotografiche e luci, e inizia a girare film porno con le prostitute della città.

Purtroppo il lavoro di montaggio (lol) si rivela più difficile del previsto. Inoltre la gente non sembra disposta a pagare molto per vedere film con prostitute con cui può andare a letto per una manciata di pesos. Ben presto il piano di James fallisce e la sua ragazza lo lascia.

Il problema della razza

Solo e sconsolato, nel novembre 1967, James torna in America mantenendo la sua identità di Eric Galt. Tenta di fare il barista e prende lezioni di ballo per tenersi occupato. Inizia a realizzare che l’incredibile serie di fallimenti che hanno costellato la sua vita non è frutto del caso, ma sono la logica conseguenza di un problema a monte. I negri.

James non è mai stato un grande fan degli afroamericani, ma tra il 1967 e il 1968 si avvicina a gruppi politici razzisti ultra conservatori. Sostiene la campagna presidenziale di George Wallace, un politico pro segregazione, che fa talmente schifo sia ai Repubblicani che ai Democratici, che è costretto a concorrere come indipendente.

George Wallace
Geroge Wallace mentre adocchia un mulatto che usa una fontana pubblica

George Wallace è una figura politica esilarante e tragica allo stesso tempo. Discorsi pubblici dove minaccia di morte i suoi avversari politici. Minacce di morte contro gli hippie. Minacce di morte contro gli anarchici e i comunisti. In effetti la sua specialità è minacciare di morte la gente in pubblico e riuscire a non farsi arrestare. In ogni caso un figuro del genere non può non piacere a James che inizia a spammare volantini pubblicitari a Los Angeles.

Ma Wallace non ha speranze di vincere le elezioni e James inizia a vagheggiare di abbandonare gli Usa. Sente che in Rodhesia (oggi Zimbawe) una minoranza bianca ha fatto un colpo di stato. Forse lì potrà finalmente trovare il uso posto? Ma la fuga resterà solo un sogno, perché la sua vita sta per prendere una traiettoria diversa…

L’omicidio di Martin Luther King Jr

La faccenda, da qui, assume una sfumatura più torbida. Non solo perché muore Martin Luther King, ma anche perché in base alla testimonianza, cambia la versione. Cerchiamo di seguire quella ufficiale, per ora.

Il 1968 inizia per James con un’operazione di rinoplastica, con cui cambia la sua faccia. Si trasferisce ad Atlanta, la città dove vive Martin Luther King Jr., il leader del movimento per i diritti degli afroamericani. James inizia a studiare la situazione. Compra sotto falso nome un fucile con mirino telescopico. Legge i quotidiani e si annota il calendario dei discorsi e delle manifestazioni a cui parteciperà il reverendo King.

Martin Luther King Jr.
Il reverendo Martin Luther King Jr.

Legge che a inizio aprile Martin Luther King sarà a Memphis, in Tennessee. Sempre sotto falso nome, James affitta una camera di fronte all’hotel dove alloggia il reverendo King. Spia la sua stanza con un binocolo. Quando lo vede uscire sulla terrazza, prende il fucile, abbandona la sua camera, entra nel bagno in comune al secondo piano dell’ostello e si chiude dentro a chiave.

Qui spacca una finestrella, prende la mira e spara. Il proiettile attraversa il mento e il collo di Martin Luther King, prima di recidergli la giugulare e spaccargli la spina dorsale davanti ai suoi amici. Il reverendo perde i sensi e muore circa un’ora dopo nell’ospedale di Saint Joseph.

Più di un testimone, sentito lo sparo, vede James Earl Ray abbandonare l’ostello di corsa. La polizia ritroverà nei pressi dell’ostello il fucile e il binocolo abbandonati, entrambi con le impronte digitali di James. Lui intanto fugge in Canada dove, con un passaporto falso, prende un aereo per l’Inghilterra.

Due mesi dopo viene fermato per dei controlli all’aeroporto di Heatrow, a Londra, mentre cerca di prendere un volo per Bruxelles. Un doganiere si accorge del documento falso. Dopo gli accertamenti si rende conto di aver beccato l’assassino di Martin Luther King a cui stanno dando la caccia in America.

James viene arrestato ed estradato negli Stati Uniti.

Il processo

James Earl Ray sta per essere processato per omicidio. Foreman, il suo avvocato d’ufficio, gli spiega che la pena, nel Tennessee, è la sedia elettrica: a quanto un pare un modo non proprio ottimale di andarsene. Gli dice che se confesserà spontaneamente il giudice sarà clemente.

James confessa di essere l’assassino di Martin Luther King Jr. il 10 marzo 1969 e viene condannato a 99 anni di carcere. Tre giorni dopo cambia idea e scrive al giudice per ritrattare la confessione. Il giudice non risponde e lui scrive di nuovo, quando riceve la notizia che il giudice che lo ha condannato è morto.

Il nuovo giudice respinge la richiesta di ritrattare la confessione e riaprire il processo. In tutta risposta Ray licenzia il suo avvocato e inizia a fare dichiarazioni riguardo una cospirazione di cui sarebbe caduto vittima.

Sostiene di non aver sparato a King, o, nel caso gli abbia sparato, non sapeva chi fosse l’obiettivo. Ha solo obbedito agli ordini del suo capo, Raoul, che poi lo avrebbe tradito lasciando il suo fucile con le impronte in bella vista. I detective verificano le sue dichiarazioni e sostengono che stia raccontando balle.

James viene rinchiuso nel Penitenziario Statale di Brushy Mountain. Il piano di farsi riprocessare sembra fallito, ma James non è una persona che si dà per vinta facilmente.

Penitenziario Statale di Brushy Mountain
Il Penitenziario Statale di Brushy Mountain, in tutto il suo fascino alla Shining

Fughe infernali e avvocati razzisti

James tenta più volte di ritrattare la sua confessione, cercando di parlare con giudici e giornalisti, ma nessuno gli crede. Nel 1977, dopo 8 anni di carcere, fa un piano assieme ad altri cinque detenuti. La notte del 10 giugno, si calano dal muro della prigione con una corda che hanno rubato e fuggono.

Il penitenziario di Brushy Mountain è nel parco nazionale di Frozen Head, che in italiano significa testa congelata. È un inferno selvaggio di rovi, ghiaccio, scarpate e nugoli di zanzare. James passa tre giorni a muoversi attraverso questo cagatoio da incubo prima di collassare a terra stremato a meno di 10 chilometri dal carcere. La polizia lo recupera e, dopo una sosta in ospedale, lo rinchiude in prigione.

Stremato dall’esperienza, James decide di tornare a combattere per vie legali. Assume Jack Kershaw, un avvocato razzista che simpatizza per il Ku Klux Klan, e ricomincia la battaglia. Kershaw rilancia la teoria della cospirazione. Secondo la sua versione Forerman e il giudice avrebbero forzato James a confessare.

James Earl Ray assieme a Jack Kershaw
Jack Kershaw (il terzo da sinistra, con la cravatta psichedelica) assieme a James Earl Ray, papà Ray, e un tizio con baffi e capelli anni ’60

Le lamentele hanno effetto e un comitato investigativo fa dei test balistici che dovrebbero scagionare James. Purtroppo per lui, i test confermano la versione ufficiale.

Kershaw allora decide di tentare un’altra strategia. Convince James a farsi intervistare mentre è attaccato a una macchina della verità. Non sarà una prova per il tribunale: ma potrà mandare i risultati ai giornali e ottenere credibilità davanti all’opinione pubblica. Purtroppo la macchina della verità sembra confermare che James sia un bugiardo. Ma Kershaw riceve 11.000 dollari dalla redazione di Playboy e autorizza comunque la pubblicazione dell’intervista assieme ai risultati.

James, furioso, lo licenzia e assume un nuovo avvocato. Nel frattempo viene processato per la fuga e conosce Anna Sandhu, l’illustratrice forense di un quotidiano locale. I due si innamorano e si sposano l’anno dopo. Con questi nuovi alleati James è convinto di farcela…

La fine dell’assassino di Martin Luther King Jr.

Venti anni dopo, James Earl Ray è ancora in prigione. Ha divorziato con la moglie e ha perso la voglia di lottare. In rare interviste racconta che la polizia ha minacciato ripercussioni sulla sua famiglia nel caso continuasse a ritrattare la versione. Suo fratello, un altro delinquente, è stato condannato a 18 anni di carcere per furto, il doppio dei complici arrestati assieme a lui. In ogni caso nessuno crede alle sue storie. O meglio, quasi.

Nel 1997 James riceve una visita da un nuovo alleato, questa volta non un delinquete balordo e razzista. Dexter King, figlio di Martin Luther King viene a conoscerlo e inizia a sostenere che James sia stato davvero incastrato. Il padre sarebbe stato vittima di una cospirazione politica e James sarebbe stato solo il capro espiatorio.

James Earl Ray stringe la mano a Dexter King
Dexter King stringe la mano a James Earl Ray

Nel 1999 Dexter e il resto della famiglia King hanno fatto causa Loyd Lowers, proprietario di un locale e, presumibilmente, complice nell’omicidio di Martin Luther King. Vincono la causa e, secondo la giuria e il giudice del Tribunale di Memphis, sarebbe risultato evidente il coinvolgimento della Cia, di apparati statali e potenzialmente anche della mafia.

Caso chiuso, quindi? James è innocente? No. Quella portata avanti da Dexter è stata solo una causa civile, e in effetti non cambia il risultato del precedente processo penale. Alcuni studiosi ed esperti forensi hanno definito questa causa una farsa per consolare gli eredi di King. Non ho le capacità per garantire al 100% che la versione ufficiale sia quella vera (e lo sembra).

Ma di sicuro, al di là di quale sia la verità, non avrebbe cambiato niente per James, che l’anno prima, nel 1998, muore di epatite. In seguito a una trasfusione di sangue. In seguito ad aver ricevuto oltre venti coltellate da un altro carcerato. Scusate, tra tutte le cospirazioni avevo tralasciato un po’ di cose.

La fine degli altri

James Earl Ray è l’assassino di Martin Luther King Jr. o solo un povero delinquente rimasto invischiato in una cospirazione? Probabilmente la prima. Certo, nel caso fosse vera la cospirazione, poche persone sarebbero state dei capri espiatori perfetti come lui… (persone povere, dimenticate dalle istituzioni, letteralmente instradate sulla via del crimine dalla propria famiglia e dalla propria condizione sociale, e con tendenze razziste: ce ne sono solo 5 o 6, giusto?).

Se non sappiamo la verità su di lui, possiamo consolarci con la verità sugli altri. Kershaw, l’avvocato razzista, ha fondato coi soldi di Playboy (e quelli dei suoi tariffari) la League of South, un associazione che promuove la secessione degli stai del Sud e sostiene la rinascita del Ku Klux Klan. Nel 1998 costruisce di fianco all’autostrada che passa nel suo paese una gigantesca statua equestre di Nathan Bedford Forrest, fondatore del Ku Klux Klan. Durante interviste pubbliche sostiene la necessità del ripristino della schiavitù. Muore senza eredi nel 2010, i suoi soldi passano alle sue istituzioni razziste.

Dexter King, vinta la sua battaglia, porta avanti la fondazione per promuovere le idee del padre. Nel 2008 viene denunciato dai suoi fratelli per appropriazione indebita dei soldi della fondazione. Lui li denuncia a loro volta. Due anni dopo tutti ritirano le cause e tornano amici.

Anna Sandhu, l’ex moglie di James, ha ricevuto molestie e minacce nel corso degli anni, sia da gruppi razzisti (per aver lasciato James) che da militanti antirazzisti (per averlo sposato). È caduta in depressione, ma negli ultimi anni si è ripresa e continua anche oggi a dipingere.

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