Conflitti e mondi fantasy

Ogni storia interessante è caratterizzata dal conflitto. Come possiamo usare i conflitti per fare worldbuilding?

Il conflitto è il motore di ogni storia

Oggi scopriamo come sfruttare i conflitti per creare un mondo interessante. Iniziamo con una definizione: un conflitto, in generale, è quello che succede quando un personaggio vuole qualcosa, ma qualcuno gli si oppone. Un conflitto può concludersi con una vittoria o una sconfitta, vere o apparenti, o con qualche tipo di pareggio. Facile, no?

In generale, il conflitto è necessario per avere una storia. In un libro o in un film ogni singola scena dovrebbe avere un conflitto di qualche tipo, anche solamente un conflitto interiore del protagonista, ma comunque qualche difficoltà che lo ostacoli mentre cerca di raggiungere il suo obiettivo. Un conflitto che, in qualche, modo sia connesso alla visione tematica e metta sotto pressione i difetti maggiori del personaggio.

Ma questo non è un post di scrittura creativa, ma di worldbuilding. E i conflitti non servono solo a far proseguire una trama o far crescere un personaggio. Servono anche a creare un mondo e mostrarlo in modo interessante a pubblico e giocatori. Vediamolo con una serie di esempi presi dalla narrativa interattiva (ma che, come vedremo, sono facilmente applicabili anche a romanzi e narrativa lineare in generale).

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giocatori di ruolo al tavolo. La giocatrice al centro sta effettuando un test per resistere a un incantesimo

Ah, mi rivolgerò a te dando per scontato che tu sia lo sviluppatore del gioco o il master che conduce la partita, e non un giocatore. D’altra parte è al master che è riservato il grosso del lavoro quando si parla del worldbuilding in un gioco di ruolo.

Guerre, scazzottate, insulti e gare di rutti

Abbiamo detto che tutte le storie belle e famose ruotano attorno a un conflitto. Ma quando inventi un mondo interattivo per una ciurma di giocatori non ti servirà un conflitto. Te ne serviranno tantissimi.

Dai singoli combattimenti, agli interrogatori, dalle cospirazioni politiche, fino al lancio di dadi per scassinare quella maledetta serratura, il conflitto caratterizzerà quasi tutte le interazioni che avrai con i giocatori durante la partita. Ma il conflitto non significa solo guerra aperta. A volte si presenta in modo sottile, a volte senza che una delle due parti sappia di essere coinvolta, a volte sarà addirittura giocoso.

Il post sulla dittatura delle risorse, come avrai già capito, ci tornerà utile anche qui. Ma prima di continuare, meglio ripetere un concetto: le risorse non sono solo acciaio, denaro e lusso. L’appoggio di membri influenti di una società è risorsa più importante per il potere politico in molti ambienti. La fedeltà di migliaia di persone è una risorsa preziosissima anche per una religione priva di poteri magici e interventi divini. Il potere, lo status quo e il successo possono tutte essere risorse. Cerca di mantenere una visione elastica.

Fatto? Perfetto.

Risorse e conflitti

Proteggere le proprie risorse dagli altri e cercare di acquisirne di nuove (magari strappandole ad altri) saranno delle motivazioni comodissime per ogni conflitto che avrai in mente. Ma detto così è un po’ poco. E soprattutto non è sempre particolarmente chiaro o evocativo, soprattutto per i conflitti più sottili, in piccola scala, che probabilmente saranno una parte importante della tua avventura.

Qual è un modo per arricchire rapidamente i conflitti con caratteristiche che li rendano unici, credibili e adeguati al tuo progetto?

Pensa ai diversi parametri che possono definire un conflitto. Lo scopo di questo post non è rendere conto di ogni comportamento umano in generale, ma di darti un modo veloce di creare conflitti verosimili. Vediamo i parametri che dovresti considerare.

Come fare worldbuilding coi conflitti

Le cose da tenere a mente sono il livello di conflitto e le parti che chiama in gioco. Bisognerà inoltre tenere conto delle implicazioni immediate di un conflitto (un regno in guerra con un altro implica centinaia di conflitti più piccoli tra soldati e civili di entrambi i regni, che a loro volta implicheranno migliaia di conflitti più piccoli – non solo gli scontri tra i singoli uomini, ma anche tutti i problemi connessi alla guerra, dalle carovane di mercanti che non arrivano più, alle tasse che salgono, allo stress del ragazzino che non sa se partire o no per la guerra, fino a quello che ti pare, in base al contesto) e conseguenze sul lungo termine.

Considera che un conflitto, quando risolto, genera praticamente sempre un altro conflitto. Riserva eventi rari come conflitti risolutivi e definitivi solo per la fine dell’avventura (e comunque valuta di non farlo: qualche piccolo problema nascente, ma non troppo preoccupante, darà un senso di realismo gustoso ai giocatori. E ti darà un’occasione di riprendere l’avventura, nel caso in cui in futuro desiderino giocare ancora in questo mondo).

Conflitti e livelli di violenza

Ma andiamo con ordine. La prima cosa da valutare è il livello di conflitto.

Il livello di conflitto. Un conflitto può essere aperto e violento. O può essere freddo, occulto. Può essere sottile. Può essere addirittura giocoso, ritualizzato o sportivo. Se da una parte è vero che i conflitti caratterizzano tutte le storie interessanti, è anche vero che un sacco di cose sono dei conflitti.

Premesso che non tutti i conflitti sono violenti, limitiamoci a questi per un attimo. Considera il livello di violenza di un conflitto. Se una persona spinge un’altra e quella gli dà un pugno abbiamo avuto una piccola escalation del livello di conflitto. Se una persona ne spinge un’altra e quella gli spara in testa, l’escalation è molto più alta (di solito è un comportamento visto male dalle società umane in generale: se hai bisogno di creare un cattivo velocemente, o dare un’aurea di psicopatia a qualcuno, fagli montare la violenza in modo esagerato contro qualcuno che non se lo merita davvero: i giocatori molto probabilmente lo odieranno subito).

Tipicamente, quando un conflitto sta per montare ci sono dei segnali (ad esempio, se dai un pugno senza motivo a qualcuno hai appena aumentato le probabilità che quello cerchi di colpirti a sua volta). Questo è ottimo, perché quello che ti servirà per l’avventura saranno dei conflitti a livello basso che, però, hanno un forte rischio di montare drammaticamente.

Lo scontro tra un dirigente di fabbrica e degli scioperanti sta per montare in una rivolta. Gli scontri tra le gang delle strade di Endon stanno per montare in una vera e propria guerra urbana. La rivalità tra due famiglie sta per montare in un duello all’ultimo sangue tra i due primogeniti.

Chi vincerà il conflitto? Come reagiranno gli altri? O forse i giocatori riusciranno a disinnescare la bomba prima che esploda? Fai salire il livello di conflitto per far montare la tensione e cerca di risparmiare gli abbassamenti del conflitto solo per i finali delle avventure (o per ingannare i giocatori e attirarli in un Red Wedding o trappole simili).

Come scegliere i conflitti in una storia

Queste regole sui tipi di conflitto non valgono solo per la violenza fisica. Due rivali per la promozione, in ufficio, potrebbero tentare di mettersi i bastoni tra le ruote. “Dimenticare” di consegnare un messaggio al collega è meno peggio di rubargli dei documenti dalla scrivania, che è meno peggio di chiamare la polizia e dire che è un pedofilo per farlo portare in questura e fargli perdere un meeting. Ovviamente, conflitti del genere possono degenerare nella violenza, ma esistono un sacco di comportamenti criminali e terrificanti per portare avanti conflitti che di solito nei giochi di ruolo vengono ignorati. Nelle tue avventure non sarà così. Tutto è occasione di conflitto: basta solo capire qual è il livello giusto per la scena corrente.

In una storia lineare, lo capiremo dalla trama (a che punto delle storia siamo? Cosa vuole ottenere il protagonista?), dalla visione tematica (questo conflitto fa procedere la trasformazione interiore del protagonista, o ci aiuta a capire le sue mancanze più gravi su cui deve lavorare?) e dall’atmosfera e i toni che abbiamo scelto (il conflitto si unisce in modo organico a quanto detto finora?). Questo, ovviamente, dando per scontato che questi conflitti rispettino i vincoli di coerenza interna (il conflitto del maghetto volante che non sa come uscire dal pozzo dove è caduto non è un conflitto, è una presa per il culo ai danni del pubblico).

Come scegliere i conflitti in un gioco

In una storia interattiva, soprattutto se ha componenti open-world, dove il giocatore o i giocatori possono decidere quali quest o trame seguire a loro piacimento, le cose sono un po’ diverse. Ho già detto che applicare una visione tematica a trame interattive può dar luogo a molti problemi e richiederebbe un post a parte. Un post che non è questo. Ma diamo un’occhiata sintetica ad alcuni mezzi a nostra disposizione.

I vincoli di coerenza e di atmosfera sono gli stessi per le storie lineari. Riguardo alla trama, nei giochi di ruolo pen and paper è facilissimo: valuta a che punto dell’avventura sono i giocatori e agisci di conseguenza (serve far montare il conflitto per dargli un aggancio a una quest? Una svolta che riclassifichi il conflitto principale da un altro punto di vista? O un conflitto che, una volta risolto, farà calare la tensione e risolverà i problemi della quest?).

Se tieni conto di questi tre aspetti avrai già modo di selezionare conflitti interessanti. Ma forse non ti basta: vuoi dare una visione tematica alle tue avventure.

Giochi di ruolo e visione tematica

Ci sono diversi metodi per farlo, ognuno con i suoi vantaggi (pochi) e i suoi limiti (tantissimi). Il più semplice è trattare il tuo mondo come un personaggio. Se la visione tematica è “la paura porta alla sconfitta” elabora quest dove fazioni e png generano conflitti a causa della loro paura. Non limitarti a gente che deve imparare a non chinare la testa davanti ai bulli. Esplora i diversi aspetti della paura e come, in modi diversissimi, porta sempre alla rovina (per fare un esempio sottile come un tronco di quercia: un guerriero coraggioso e forte ha troppa paura di ammettere la sua passione per il balletto in tutù, e nonostante abbia vinto centinaia di battaglie, a causa della paura, sta perdendo la guerra più importante: quella di fare ciò che ama fare).

Questo tema può tornare come ragione d’essere per le quest, o come caratteristiche di personaggi incontrati, o addirittura per inventare le storie delle nazioni e caratteristiche delle città.

Endon aveva colonie nel nuovo mondo, mercanti nelle città esotiche del sud, un esercito imbattibile, ma Re Vallo il Lungo, nei suoi cinquanta anni di regno non ha mai avuto il coraggio di dare il colpo di grazia ai Gradoriani. Ha preferito far finta che non fossero una minaccia quando gli hanno strappato le colonie, le basi commerciali e i contatti diplomatici con gli altri regni. E quando si è accorto del problema ha avuto troppa paura per reagire: per questo oggi Endon è occupata dai Gradoriani, il culto di Crona è stato messo fuori legge e la sua chiesa trasformata in un magazzino per attrezzi agricoli. I fedeli pregano di nascosto, ma sono troppo spaventati per reagire. Il nuovo re di Endon, ormai, è diventato una marionetta nelle mani dei gradoriani, ma ha troppa paura di perdere i lussi e i privilegi per tentare di riprendere il potere. Quindi il vero leader della città è il capo della gilda dei mercanti di Endon, che però ha paura di eccetera, eccetera…

Esistono altri metodi per dare una visione tematica forte a una storia interattiva. Sono tutti metodi più invasivi e più difficili da applicare senza rovinare l’avventura o privare i giocatori di moltissima agenzia. Li vedremo un’altra volta.

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Una soluzione possibile è darti un gioco dove puoi comportarti come uno psicopatico e poi, nelle animazioni, toglierti il controllo di mano e far dire o fare al personaggio delle cose che tu non faresti mai, in modo che sembri uno schizofrenico con personalità multiple.

Conflitti e fazioni

Portare avanti un conflitto costa. Costa tempo e fatica al vicino fastidioso, e costa una fortuna in vite umane e quattrini alle nazioni in guerra. Il che ci porta al secondo parametro da tenere a mente.

Quali sono le parti in gioco nel conflitto? Considerare chi si sta scontrando è importantissimo per caratterizzare un conflitto. Gli scontri avvengono tra fazioni diverse, con valori, poteri e obiettivi diversi. In che modo questi fattori caratterizzano un conflitto in un’avventura o in una storia?

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Scegli con cura le fazioni in gioco in un conflitto

La prima cosa da chiedersi su chi entra in conflitto è la scala. Quanto è grande? Quanto è potente? Che mezzi ha?

Ricorda che, nella storia, non succede quasi mai che entrino in conflitto due forze assolutamente uguali. Anzi, di solito tanto più è grande il vantaggio sul potenziale nemico, tanto più un soggetto è ben disposto allo scontro (questo vale per gli imperi guerrafondai, come per i delinquenti di strada, fino al bulletto della scuola).

Questo perché lo scontro non è mai fine a sé stesso, ma è un mezzo per raggiungere un scopo (che può essere anche status quo, per gli spacconi). Anche un serial killer psicopatico, nella sua follia, commette i suoi crimini per un motivo preciso, fosse anche solo la gioia morbosa di infliggere dolore. Se non la provasse, si darebbe ad attività meno rischiose.

I conflitti hanno degli obiettivi

Lo scontro, nelle tue avventure, è sempre il mezzo per ottenere qualche tipo di risorsa. Qualche tipo di risorsa su cui una delle due parti vuole in controllo. Nel momento in cui una parte può avere il controllo senza continuare lo scontro, di solito lo scontro si interrompe o, quantomeno, cambia radicalmente.

Ad esempio: due gang si contendono uno scienziato in grado di sintetizzare la psicotropina, una droga potentissima che vale un sacco. Il nipote di Don Dan, il capo di una gang, rapisce un chimico alfitese che sa produrre la droga allo stesso modo. Don Dan richiama l’assalto al motel dove tengono prigioniero lo scienziato. La guerra tra le gang può anche continuare, ma il conflitto cambia. Don Dan non spende più uomini per rapire un tipo inutile ma, al massimo, per ammazzarlo (o uccidere il capo gang rivale: insomma, un nuovo obiettivo e un nuovo conflitto).

Individua subito cosa si contendono le due fazioni. Cosa hanno e cosa non hanno, e quindi cosa possono fare.

La scala non riguarda solo le risorse, ma anche le dimensioni. Una nazione in guerra contro un’altra nazione, è diverso da una nazione che entra in conflitto con una minoranza religiosa. E, come detto, è raro che si scontrino due potenze di pari forza.

Davide e Golia: conflitti asimmetrici

Capire le dimensioni delle parti in gioco ti darà modo di individuare rapidamente chi ha attaccato chi. I conflitti hanno sempre una direzione, quantomeno all’inizio. E di solito va dal più grande verso il più piccolo.

Senza altre informazioni, i giocatori proveranno istintivamente più simpatia per la fazione più debole e attaccata. Tienine conto per indirizzarli dove vuoi. Ma, d’altra parte, le fazioni più piccole e deboli sono quelle più disposte a un’escalation spropositata del livello di violenza (magari a volte non hanno scelta, però altre volte sono l’Isis).

Questo è uno strumento ottimo per aggiungere grigiore morale e verosimiglianza alle tue storie. E tu devi aggiungere grigiore morale alle tue storie. Non solo per darti un’aria seriosa e vissuta. Ma perché, in un’avventura, i giocatori devono poter decidere con quale fazione collaborare e sentirsi comunque nel giusto. E perché tu devi sempre avere qualche cartuccia pronta per dargli uno schiaffo morale nei momenti in cui la trama richiede crisi (vedere le orribili conseguenze delle proprie azioni che si ritenevano giuste ha un forte impatto nei giocatori, se ben dosato).

Conflitti senza obiettivi

Un’ultima nota sui conflitti di grande scala. Se ti consideri pacifista potresti aver preso male quello che ho detto, come se volessi trovare una giustificazione oggettiva per la guerra.

Non è così: dire che gli Endoniani invadono Gradoria per strappargli i tartufi non vuol dire approvare (o anche solo che sia giusto o sensato) fare un’azione del genere a prescindere. Ma c’è una cosa ancora più importante da considerare.

Le guerre, oltre a portare risorse, costano risorse: tantissime a dire il vero. E sotto questo punto di vista assomigliano un po’ al gioco d’azzardo: non è raro che, raggiunto il punto in cui si è giocato troppo denaro, si vada avanti perché, ormai, sembra che sia troppo tardi per lasciare partita e abbandonare tutte le risorse investite finora.

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Giocatori d’azzardo incalliti spendono ai dadi i loro ultimi risparmi.

I conflitti, nella loro evoluzione (perché i conflitti evolvono continuamente), possono passare da conflitti giustificabili (proteggersi?) a conflitti comprensibili ma moralmente brutti (invadere per strappare risorse) a conflitti insensatamente crudeli (bruciamo le risorse per non lasciarle al nemico, combattiamo fino a mandare in guerra i bambini visto che gli adulti sono perlopiù morti, sterminiamo ogni prigioniero prima che i nemici li liberino…).

Ok, tutte le guerre hanno un certo livello di crudeltà insensata. Ma prima di trasportare i tuoi giocatori nella Berlino del 1945, assicurati che sia esattamente l’esperienza che desiderano. Conflitti del genere tendono ad essere totalizzanti e lasciano poco spazio a interazioni diverse dalla violenza fisica e dalla sopravvivenza immediata. Inoltre, vista la larga scala, se portati avanti in modo realistico tolgono molta agenzia al giocatore (che in un assalto assieme ad altri diecimila soldati, a un certo punto potrebbe non avere idea di dove si trovi, cosa stia succedendo, se stia vincendo o perdendo).

Conflitti alla pari

Abbiamo detto che i conflitti alla pari sono rari. Ma esistono. Lasciando perdere casi eccezionali, dove possiamo trovarli?

Nello sport e nei giochi, di solito, le regole esistono apposta per dare a tutti i partecipanti le stesse possibilità (in un incontro di pugilato, se hai due fratelli grossi, non puoi portarli con te sul ring a massacrare tutti assieme il povero sfidante figlio unico. Tranne che nei quartieri bassi di Gradoria, dove è concesso portare sul ring parenti fino al primo grado. È uno sport per tutta la famiglia).

E in un gioco di ruolo c’è spazio per conflitti simili. Introdurre un cattivo o un rivale in un duello o in una competizione sportiva è un ottimo metodo per prevenire “morti accidentali” del cattivone alla prima sessione (o, peggio ancora, salvataggi idioti tramite teletrasporto o roba simile…).

Molte rivalità partono da condizioni simili, ma qui c’è già più spazio per l’asimmetria (due colleghi, ma uno è più ammanicato; due bar, ma uno è in una zona migliore…). Per tutti i conflitti secondari che fungeranno da sfondo al conflittone (o conflittoni) della tua avventura, valuta di utilizzare rivalità più o meno bonarie e abbastanza simmetriche, in modo che i giocatori possano muovere ragionevolmente l’ago della bilancia in tempi brevi.

Non sottovalutare mai la potenza di due fabbri acerrimi rivali (un tempo amiconi) che si contendono il mercato degli avventurieri in città. Se uno diventa amico dei giocatori, non esitare a far abbassare i prezzi all’altro (e far proporre ai giocatori qualcosa di spregevole, come sabotare il rivale, o dargli fuoco al magazzino). Andare a comprare e vendere equipaggiamento diventerà un’attività decisamente più divertente con questa semplice accortezza.

Conflitti e senso di appartenenza

Lo status quo, come abbiamo visto, è una risorsa. Ma in alcuni casi può diventare un po’ riduttivo, e un gioco di ruolo non è solo flussi e quantità di risorse. Appartenenza è un termine generico che comprende un sacco di cose. Può essere su base culturale, religiosa, etnica, ideologica e molto altro. Se è vero che tutti i conflitti si basano sull’accesso alle risorse, è anche vero che in quelli di grandissima scala, la maggior parte della gente che combatte per davvero lo fa per senso di appartenenza.

Non sto dicendo che i tutti i soldati sono dei fanatici iper-patriottici, con accesso abbondante a cibo, denaro e ogni risorsa. Sto dicendo che convincere Mik, un poveraccio analfabeta e senza pane a lasciare Endon, armarsi, e andare a combattere a mille chilometri dalla sua città, sul fronte settentrionale contro i predoni gradoriani, richiede un minimo di motivazione da parte sua.

Stare nell’esercito dà indubbiamente il pane a Mik, ma anche un sacco di altre di cose meno pericolose per sé e per gli altri che avrebbe potuto fare ad Endon, tipo spacciare o prostituirsi.

Certo, Mik potrebbe essere stato coscritto, ma in questo caso magari il suo conflitto è tra lui che vuole disertare e i suoi superiori che lo giustizierebbero se ci provasse. Se Mik ha scelto di andare e rimanere in guerra senza minacce dirette, però, ha un minimo di senso di appartenenza. Magari solo al suo manipolo e ai suoi commilitoni. Ma lo avrà di sicuro.

Appartenenza, risorse e sette suicide

Il senso di appartenenza, come tutti i parametri che abbiamo visto, funziona a doppio taglio: può essere usato per creare degli idealisti disposti a rischiare la propria vita per quello in cui credono, e per creare l’omertà mafiosa o il fanatismo religioso.

Per quanto il senso di appartenenza sia uno dei collanti più forti nella società umana, dosalo con molta attenzione. Le ideologie spesso sono sovrastrutture che giustificano un sacco di necessità sociali, culturali ed economiche. In sintesi la gente sarà anche credulona, ma in linea di massima non è idiota, e non seguirà un’ideologia per cieca fede a meno che non sia convinta ragionevolmente che questo gli porterà dei vantaggi. Magari non tutti i vantaggi possibili o che sarebbe giusto avere, ma qualcosa sì.

Se crei esclusivamente fazioni col fanatismo di una setta suicida, il tuo mondo perderà in spessore e in credibilità. L’appartenenza è importantissima: per alcuni png sarà la cosa più importante. Ma non dimenticare che per la quasi totalità dei png, il potere più grande restano sempre le risorse.

A cosa serve l’appartenenza, allora, se abbiamo già le risorse? Il senso di appartenenza è un qualcosa che dovresti sviluppare assieme alle risorse, in modo armonioso.

Vediamo un esempio. Un popolo nomade, che possiede mandrie di cavalli, potrebbe creare una società divisa in caste, ognuna col suo senso di appartenenza. I guerrieri, banalmente, possono essere gli adulti che possiedono un cavallo da guerra e lo sanno cavalcare. E, per quanto gli stranieri siano visti male, quelli che vanno a cavallo sono tollerati un po’ di più da questa casta: tutto sommato, nonostante i vestiti strani e la lingua incomprensibile, sono dei guerrieri anche loro.

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Un guerriero

Inoltre, il senso di appartenenza è ottimo per presentare problemi legati alle risorse. La maggior parte dei conflitti, oggi come in passato, nonostante siano causati dalle risorse, tendono a essere presentati come problemi morali legati perlopiù all’appartenenza: i nemici mettono in pericolo il dominio di Roma, la nostra fede religiosa, la democrazia, la superiorità etnica degli ariani, quello che vi pare.

Conflitti a più dimensioni

Avere più livelli morali in un conflitto è ottimo in una storia lineare, e fondamentale in un’avventura interattiva: i giocatori, frugando in giro e parlando con tutti, devono avere il senso di libertà di poter approfondire un aspetto o l’altro, aiutare fazioni solo per simpatia, per moralità o per convenienza.

Un conflittone sviluppato su almeno due livelli (quello delle risorse e quello dell’appartenenza) ti darà già una struttura a due piani su cui imbastire migliaia di conflitti diversi.

Il senso di appartenenza, poi, è un ottimo strumento per mettere in crisi i giocatori e dargli gatte da pelare in un’avventura. Ormai tutti sanno quanto, nel medioevo, il senso di appartenenza fosse uno strumento fondamentale per sopravvivere. Essere uno straniero, in qualunque cosa diversa da una mega città super popolata, era già di per sé una cosa abbastanza grave da essere visti con sospetto.

Perché girovagano da soli? Sono stati cacciati dal loro villaggio? Sono stranieri venuti qui a spiarci? Meglio tenerli buoni e dargli un posto dove passare la notte senza fare storie: mentre dormiranno decideremo cosa fare… Non ti servono svolte lovecraftiane con cultisti incestuosi che adorano gli uomini pesce per creare un’avventura survival horror. A volte basta un senso di appartenenza cieco e spietato.

Per finire, il senso di appartenenza è fondamentale per caratterizzare le fazioni, non solo riguardo ai loro rapporti con gli altri, ma su come funzionano al loro interno. Quanto è forte il loro senso di appartenenza? Quanto è simmetrico (Il capo e il novellino hanno gli stessi obblighi? Quali differenze?)? A cosa si appella (onore? Nazionalità? Religione?)? Rispondere a queste domande caratterizzerà ulteriormente le diverse fazioni del mondo (altrimenti ogni società con le stesse risorse rischia di diventare uguale).

Riguardo i valori che può avere una società e le loro implicazioni ci sarà un post dedicato in futuro.

Una persona ha molte appartenenze

Ti sembra complicato? No? Perfetto, perché ora complichiamo di più le cose.

Considera i diversi livelli di appartenenza. Abbiamo visto che il senso di appartenenza può appellarsi a diversi tipi di legami sociali (dalla famiglia, alla fede, dal cameratismo militare, alla comune causa ideologica). La conseguenza è che una singola persona avrà diverse appartenenze.

Prendiamo Marcus DeOssi, l’alchimista avventuriero: primo, ha un senso di appartenenza verso la famiglia DeOssi (sono tutti alchimisti? Poveri che hanno risparmiato per dargli una possibilità che lui ha buttato diventando avventuriero? Lo hanno rinnegato?). Avrà molto probabilmente un senso di appartenenza tribale verso il suo paese (poco importa se letteralmente un paesello, la città influente più vicina a dove è nato, o un intero regno: dipende dalla storia). Poi, DeOssi è un devoto fedele di San Jok, il patrono dei cuochi e degli alchimisti. E, ora che è andato all’avventura nel regno Karnington, simpatizza per i ribelli che si oppongono al pugno di ferro di re Tiber.

Abbiamo già quattro appartenenze diverse, senza contare le altre decine che lo caratterizzeranno (per quale famiglia tifa negli incontri di pugilato multiplo gradoriano? Preferisce i poveri o i ricchi? I cani o i gatti? Xobx o playstation?) (Pc: la risposta giusta all’ultima domanda è sempre il pc).

Il punto è che una persona apparterrà a diversi gruppi. Verso ognuno di questi avrà un grado di fedeltà diverso, degli obblighi diversi, e diversi contatti e conflitti. Ogni gruppo ha sempre i suoi alleati e i suoi avversari. E magari quello che è il tuo alleato, secondo un’appartenenza, è un nemico secondo un’altra. Quante storie partono da una premessa del genere e si concludono con due fratelli/amici/amanti che si devono scontrare in un conflitto che lacera il loro legame intimo o familiare?

Appartenenze, ideologie e fazioni

Tieni conto che, storicamente, chi comanda grandi fazioni, è perfettamente conscio del fatto che ogni persona ha più appartenenze. E quindi cerca di creare un’ideologia che appoggi apertamente determinati sensi di appartenenza (è un caso che quasi tutte le ideologie e le religioni della storia, anche quelle più opposte, si pongano a difesa della famiglia, il senso di appartenenza più radicato e diffuso tra le persone?).

Se crei una società che si basa sulla famiglia e sul commercio, il cattivone che li ha conquistati e vuole sacrificare bambini a satana e dichiarare guerra a tutte le nazioni confinanti (e clienti), avrà davvero una vita difficile, visto che probabilmente andrà incontro a rivolte e opposizioni a ogni livello immaginabile.

Cattivoni del genere esistono senza dubbio. Ma di solito o sterminano completamente le popolazioni conquistate, o i loro imperi hanno vita breve e muoiono assieme a loro. E torniamo nel campo dei conflitti totalizzanti. Vanno benissimo nelle storie lineari ma, nelle avventure, prima assicurati che sia esattamente l’esperienza che i giocatori desiderano.

Implicazioni e conseguenze dei conflitti

Le implicazioni immediate e le conseguenze dei conflitti sono gli ultimi parametri di cui tenere conto quando inventi un conflitto. Sono assieme perché sono, fondamentalmente, la stessa cosa. La differenza è che le implicazioni di un conflitto succedono in contemporanea al conflitto, mentre le conseguenze possono restare invisibili per un bel po’ prima di farsi di vedere. In termini di gioco, quando i giocatori causeranno o si troveranno invischiati in un conflitto, gli mostrerai le implicazioni nella stessa sessione, e le conseguenze non prima della sessione successiva (anche più tardi, se vuoi: ma assicurati che non abbiano dimenticato il conflitto che l’ha causata).

Come abbiamo detto, un conflitto, quando finisce, causa sempre un altro conflitto. Questo non è del tutto vero. Perché alcuni conflitti, alla loro risoluzione (nel bene o nel male) causano parecchi nuovi conflitti. E in un certo senso, come abbiamo già visto, succede la stessa cosa quando un conflitto inizia.

Più che a una catena di eventi, può essere utile pensare ai conflitti scatenanti come a un sasso gettato nell’acqua, che crea cerchi concentrici che si allargano. I conflitti si propagano nello spazio, nel tempo e attraverso gli strati delle fazioni.

Il livello spaziale e quello temporale sono i più intuitivi. Un conflitto in una determinata zona ha conseguenze anche a distanza di spazio e di tempo.

La stratificazione è il concetto per cui un grande conflitto causa molti piccoli conflitti, e molti piccoli conflitti, assieme, possono causare un grande conflitto.

Come creare conflitti organici: dal grande al piccolo…

Vediamo un esempio, partendo da un conflittone. Se il regno di Gradoria, dove coltivano tutti i tartufi psicotropi, entra in guerra (o va in carestia, o c’è la peste: quello che ti pare), i mercanti di Endon dovranno seguire le rotte orientali per comprarne altri, in acque infestate dai pirati.

Il prezzo dei tartufi, a Endon, salirà moltissimo e gli estimatori entreranno in conflitto per contendersi le ultime scorte rimaste in città. Marcus, l’alchimista avventuriero, si troverà all’improvviso senza la sua droga di preferenza e avrà una crisi di astinenza terribile, che lo metterà in conflitto con i giocatori.

Ma, nella sessione successiva, il cattivo che i giocatori avevano sconfitto ed esiliato bussa alle porte della città, con cento carri carichi di tartufi. Riceve un’amnistia e viene accolto come un eroe: cosa farà ai giocatori adesso? E Marcus, che dopo due settimane senza droga sembra aver smaltito l’astinenza, come userà la sua percezione e la sua intelligenza aumentate? Per riprendere a studiare all’accademia? O forse per fare una serra a Endon e produrre tartufi senza curarsi di mercanti, pirati e gradoriani?

…e dal piccolo al grande

Ogni conflitto propagherà una serie di conflitti più piccoli attraverso spazio, tempo e gli sociali delle fazioni. Ma il contrario? I grandi avvenimenti non succedono mai da un giorno all’altro. Come disse un tizio più colto di me, nel 479 dopo Cristo, a Costantinopoli, la capitale dell’Impero Romano d’Oriente, nessuno si è strappato i capelli strillando “È finito l’impero romano!”. E se per questo, a Roma, hanno continuato a chiamare Cesare, o imperatore, un sacco di sovrani barbari arrivati dopo. A dire il vero metà dei sovrani europei ha iniziato a farsi chiamare così, ma sto divagando.

Con un esempio più attuale, sappiamo tutti che le epidemie non arrivano da un giorno all’altro, senza fasi di incredulità.

Questo perché la maggior parte dei grandi eventi è frutto di un sacco di piccoli eventi. Questo concetto rischia di diventare caotico e, a meno che non serva alla tua avventura, valuta di ignorarlo. Ma ogni piccolo conflitto, potenzialmente, aggiunge una goccia al vaso del conflitto grande. E, goccia dopo goccia, il vaso può traboccare.

Victor Lustig
Victor Lustig, falsario e truffatore, grazie ai suoi crimini è riuscito a causare una piccola crisi economica. Ha anche venduto la torre Eiffel a un povero sprovveduto: qui c’è la sua storia.
Esempio

I mercanti di Endon sono arrabbiati: dopo la vittoria contro Gradoria, il re ha concesso un sacco di privilegi ai nobili che hanno guidato le truppe che ora non pagano più le tasse sulle loro merci. In questo modo, molti ricchi mercanti rischiano di perdere molti soldi.

Neanche contadini sono contenti: con i nobili in guerra non è rimasto nessuno a difendere le loro fattorie che sono state depredate e bruciate dai briganti. Un sacco di contadini sfollati si è accampato fuori dalle mura di Endon per chiedere giustizia, ma ormai sembrano più impegnati a mettere su una baraccopoli per non dormire sotto alla pioggia.

Il Re inizia a subodorare il pericolo di rivolta e raddoppia le guardie ma, i suoi soldati sono ancora lontani, di ritorno dal fronte, e visto che mancano i soldi inizia ad assoldare delinquenti, ragazzini e gente impreparata.

Una delle guardie del re, una notte, mentre si ubriaca con gli amici, decide di violentare una contadina fuori dalle mura. Il marito della donna molla un calcio allo stupratore. In tutta risposta le guardie ubriache impiccano il tizio. I contadini delle baraccopoli, che si sono riuniti lì, decidono che hanno le palle piene e, presi i forconi, linciano il gruppetto di guardie ubriache. Fiduciosi per questa prima vittoria, i rivoltosi entrano in città e un sacco di gente rovinata dalla crisi e veterani di guerra rimasti senza un soldo si uniscono a loro. Danno fuoco a qualche edificio e vanno sotto al palazzo del Re, pretendendo di parlargli.

Il capo dei mercanti capisce la situazione e manda i suoi servi a prendere le armi e distribuirle tra i suoi sottoposti. Mentre il Re è bloccato e non sa cosa fare con le richieste dei rivoltosi, i mercanti schierano le proprie guardie attorno al palazzo, disperdono la folla con la violenza, e “liberano” il re. Chi avrà il privilegio di non pagare le tasse, ora? I nobili che si sono lasciati massacrare da dei cafoni selvaggi, o i mercanti che gli hanno salvato la vita? E così, Endon, da Monarchia Feudale, diventò una Repubblica Monarchica…

Conflitti dappertutto

Come hai visto, questo procedimento può essere interessante, ma finché sarai tu a farlo conterà poco per il gioco (può giusto servire per fare backstory interessanti per le tue location, ma se non è rilevante per le quest, i giocatori probabilmente se ne fregheranno).

La cosa davvero importante è tenere conto delle azioni e delle scelte dei giocatori, sommare tutto, e a un certo punto chiedersi: tutti questi piccoli conflitti potrebbero causare un conflitto più grande e inaspettato? E quando la risposta è sì, avrai un’avventura pronta da servire ai giocatori.

Riguardo le implicazioni di un conflitto ricorda che si muovono in tutte le dimensioni, non solo nei conflitti tra le due fazioni nemiche, ma anche nei conflitti interni alle fazioni, o ad altri sottogruppi.

Ad esempio, abbiamo detto mille volte che i gradoriani sono in conflitto con l’esercito di Endon. Bene, ma dentro l’esercito di Endon la fanteria e la cavalleria sono sempre in rivalità più o meno bonaria. I fanti credono che i cavalieri siano dei damerini, che mantenere i loro lussi negli accampamenti costi più del bottino di guerra, e che siano dei rompiballe fissati con gerarchia ed etichetta. I cavalieri pensano che i fanti siano rozzi, ignoranti e capaci di pensare solo a ingozzarsi, ubriacarsi e scopare.

Collaborano e riconoscono il reciproco valore in battaglia, ma ogni tanto, nei periodi pi pace, ti viene il dubbio che preferiresti chiacchierare con un gradoriano piuttosto che con un cavaliere con la puzza al naso/fante coi calzoni sporchi di merda.

E nel reparto di fanteria, la prima compagnia non ha una grande stima della seconda compagnia (che ricambiano). Nella prima compagnia sono tutti dei vecchiacci che avranno anche esperienza, ma è ora che vadano a casa. Nella seconda ci sono reclute prese dal carcere, e a conti fatti sono tutti mezzi delinquenti, del tutto inaffidabili. Ora: sono sempre meglio di un cavaliere, intendiamoci, ma anche loro ogni tanto ti fanno incazzare.

E così via, tra le varie squadre della compagnia, fino ai singoli soldati.

Esercizi

Vediamo qualche esercizio per mettere subito in pratica quanto studiato. Puoi svolgere questi esercizi verbalmente (o anche solo pensando in silenzio, se non vuoi parlare da solo come un matto). Ma ti consiglio comunque di appuntarti brevemente le idee e i conflitti che inventerai. Il punto di questi esercizi è diventare rapido a seguire i giusti processi creativi. E avere un inventario di conflitti salvati su un file, già elaborati per esercizio o divertimento, è il metodo migliore per diventare veloci a inventare storie.

1. Genera una serie di conflitti frattali che siano l’uno implicazione immediata dell’altro. Un conflitto implica immediatamente una serie pressoché infinita di conflitti più piccoli che a loro volta ne implicano altri e così via. Allenati a generarli velocemente in questo modo. Muoviti in ogni direzione di spazio e di scala, ma cerca di mantenerti fermo nel tempo: solo implicazioni immediate o quasi immediate (se passa più di una settimana dal conflitto scatenante, pensane a una più immediata)

Ad esempio: Il Duca di Mirne attacca Mavida per strappargli le miniere d’oro di Lapicca. La guardia scelta del Duca ferma le carovane di mercanti Mavidesi e li fa prigionieri. La milizia cittadina, dopo venti anni di fancazzismo, si trova in marcia verso il fronte e molti pensano che sarebbe bello gettare le armi e disertare. A Lapicca entra in vigore la legge marziale e il razionamento del cibo. Puccio, un giocatore incallito pieno di debiti, ora non può più scappare e si ritrova chiuso nella città assediata, assieme ai delinquenti a cui deve i soldi. La cameriera della locanda dove alloggia Puccio gli dà da mangiare gratis da due settimane perché è innamorata, ma con il razionamento del cibo come farà a portargli da mangiare senza che il proprietario della locanda se ne accorga? Il proprietario ha perso il suo fornitore di birra Mavidese, eccetera eccetera…

Altri esercizi sui conflitti

2. Genera una serie di conflitti frattali che siano uno causa dell’altro. l’esercizio è simile al precedente, ma questa volta prosegui nel tempo a ogni nuovo conflitto. Cerca di mantenerti sulla stessa scala di quello precedente, ma sentiti libero di spostarti nello spazio. Questo procedimento è ottimo per inventare storie di nazioni, fazioni, famiglie e persone.

3. Facciamo un esercizio ottimo per creare città (vale anche per le location significative in generale, ma le città, ospitando tantissima gente, ospitano anche tantissimi conflitti e sono luoghi ottimi su cui lavorare). Questa volta scegli una città e il suo conflitto caratterizzante. Muoviti attraverso gli strati delle fazioni, ma resta nella stessa città. E riguardo al tempo, se stai presentando la città ai giocatori tramite i discorsi un png, non dovresti partire da eventi troppo vecchi: poca gente, oggi, al bar, sostiene che i nostri problemi siano stati causati dalle guerre napoleoniche. I tuoi png che fanno discorsi da bar si comporteranno allo stesso modo.

Un conflitto caratterizzante che causa, negli strati sociali e nel tempo, un sacco di altri conflitti, renderà tutto più chiaro ai giocatori e polarizzerà le fazioni. Se lo scontro caratterizzante è tra l’aristocrazia e i ricchi capigilda, ogni altra fazione (gang criminali, corpi militari, proprietari di laboratori, gruppi di lavoratori, famiglie e singole persone) avrà una fazione di preferenza, o con cui è ammanicata, o per cui più o meno volentieri è disposta a lavorare. In un ambiente del genere non prendere posizione è la posizione più scomoda da prendere. E questo darà ai giocatori una bussola concettuale per valutare i conflitti.

4. Inventa un grandioso personaggio storico con statue in ogni città del regno che hai inventato e, un conflitto dopo l’altro, racconta le sue origini, la sua ascesa alla gloria e la sua fine. E oggi, la sua eredità è causa di nuovi conflitti?

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