Il flusso delle informazioni

Che cos’è il flusso delle informazioni in un racconto scritto? Come facciamo a controllarlo? Se lo blocchiamo, il racconto esplode come un’arteria con un embolo?

Continuiamo il nostro fantastico viaggio nel mondo della scrittura con un concetto fondamentale: il flusso delle informazioni. Questo articolo fa parte di una serie sui fondamenti della scrittura immersiva: ovvero una serie di tecniche per dare l’impressione al lettore di star vivendo i fatti che legge qui e ora, e fargli dimenticare di starsi facendo seghe mentali mentre scorre gli occhi su carta imbrattata di pigmenti neri. Ti consiglio di dare un’occhiata anche agli altri, soprattutto se hai dubbi sul perché uno dovrebbe scrivere così. Se hai fretta, e ti piacciono gli Intellettuali francesi con la “I” maiuscola, però, eccoti una frase di Bergson, che ha pure vinto un oscar un nobel per la letteratura.

L’arte di scrivere consiste nel far dimenticare al lettore che ci stiamo servendo di parole.

E non perché Bergson fosse un mimo, ma perché leggere un racconto di pirati sullo smartphone mentre caghi è meno eccitante che andare all’arrembaggio di una nave di pirati in prima persona. E un racconto scritto può rendere benissimo entrambe queste sensazioni, ma se sceglie la seconda, i lettori sono molto più felici e disposti a buttare tempo e denaro, per andare avanti.

I tre mattoncini del flusso delle informazioni

Nello scorso post, abbiamo visto i tre mattoncini della scrittura, ovvero gli Stimoli, i Giudizi e le Azioni del protagonista, o punto di vista. Abbiamo visto come si possono collegare e abbiamo detto che è bene alternarli, senza specificare perché.

Flusso delle informazioni - mattoncini
Mattoncini

Abbiamo chiamato stimoli le frasi dove, appunto, il protagonista percepisce il mondo così come è; i giudizi le frasi in cui il protagonista pensa, commenta e giudica il mondo a partire dagli stimoli ricevuti; e infine le azioni: le frasi dove il protagonista si interfaccia e manipola gli elementi che ha davanti.

Tutto qui?

Sì: tutto qui, nella narrativa scritta non c’è altro. E questo non dipende dalla tecnica dell’autore: anche un cane si servirà inconsapevolmente di questi 3 mattoncini. Il punto è che se ne servirà male. E invece di farti sentire i fischi dei pallettoni e le cannonate che esplodono dalla nave nemica, ti farà rileggere tre volte la stessa frase perché scritta in modo incomprensibile.

NOTA IMPORTANTE: lo ripeto di nuovo: gli stimoli, i giudizi e le azioni sono sempre quelli del protagonista. Se il protagonista va al bar e c’è una ragazza che balla, quella ragazza è uno stimolo per il protagonista, non un’azione!

Flusso delle informazioni: alternare i mattoncini

La scrittura immersiva imita la vita, così come la viviamo. E nella vita siamo immersi in un caos di stimoli, giudizi ed azioni. Ma la scrittura è un’arte sequenziale: le parole vengono una dopo l’altra, e quindi le informazioni vengono una dopo l’altra, e mai insieme (come può avvenire in un fumetto, dove una vignetta, anche muta, può contenere molte informazioni tutte in contemporanea).

Non occorre un nobel per la letteratura per capire che, se vogliamo rappresentare il caos in una sequenza ordinata, alternare i mattoncini (e non mettere di fila venti azioni, o venti stimoli, o venti giudizi) è l’unica via possibile.

Senza contare che, in situazioni meno caotiche, è proprio così che ci interfacciamo con la realtà (ricevo uno stimolo, che mi fa articolare un giudizio, che mi porta a un’azione).

Ma magari non sei d’accordo. Sei sicuro che ieri hai fatto venti cose consecutive in uno stato di totale impermeabilità al mondo. Sei diventato cieco e sordo, il cervello ti si è ammutolito, ma hai conservato coscienza e volontà quanto bastano da decidere e compiere diverse azioni…

Come avrai già capito, è improbabile che sia andata davvero così (ma in caso positivo, ti chiedo di scrivere nei commenti il numero del tuo spacciatore: sembra un’esperienza buffa).

Brutte idee: non alternare i mattoncini

In ogni caso, ieri hai consumato questa super droga e hai davvero avuto questa esperienza e… Sei davvero sicuro che sia qualcosa che si può rendere a parole? Provaci e vedrai che avrai due possibili risultati:

  • La lista della spesa. “Mi alzo dal letto e vado in cucina. Accendo il fornello e metto su l’acqua. La verso nella teiera e ci metto una bustina di tè. Aspetto due minuti, butto la bustina e verso il tè nel bicchiere. Lo bevo. Sciacquo il bicchiere vuoto e lo rimetto via. Vado alla finestra. La apro.” Siamo a 14 azioni. Quanto posso proseguire in questo modo prima che ti venga voglia di cavarti gli occhi con un cucchiaio da gelato?
  • Stai scrivendo bene, alternando azioni e stimoli e giudizi. “Mi alzo dal letto e un dolore acuto mi stringe le tempie. Quanto cazzo ho bevuto ieri sera? Barcollo fino alla cucina: file di bicchieri sporchi si allungano di fianco alla torre di piatti incrostati. Mi passo una mano in faccia: pulirò dopo, ora ho bisogno di caffè. Prendo il barattolo e lo apro: vuoto. Merda. Apro lo scaffale: dietro ai fagioli in scatola spunta una scatoletta di cartone. La prendo: tè earl gray. Quando cazzo l’ho comprato? Forse è del vecchio inquilino? Sarà scaduto? Chi se ne frega: ho bisogno di svegliarmi. Metto su l’acqua e, appena bolle, la verso etc…” Questo volendo dare una sfumatura da mostro alcolizzato al nostro protagonista. Ma chiaramente lo stesso tè, con le stesse azioni di prima, può essere preparato e bevuto anche da un chierichetto. Con stimoli e giudizi diversi, ovvio.

Il flusso delle informazioni imita la vita

Non ripeterò l’esempio per lunghe serie di stimoli (effetto descrizione scassacoglioni da romanzo ottocentesco da leggere obbligatoriamente a scuola), o lunghe serie di giudizi (il cosiddetto flusso di coscienza, di solito associato ad autori notoriamente divertenti e amati, come Joyce o Gadda). Cazzate a parte, alcuni lettori amano davvero Joyce, e Gadda ha addirittura scritto delle cose che sono piaciute anche a me. Ma le loro non sono storie che si svolgono qui e ora, sono rappresentazioni della memoria più che della vita. Senza contare che sono prive di nani, truffatori o altre puttanate fantasy o criminali, e immagino che se siete qui non vi interessino molto. Quindi, quando scrivete la vostra storia, NON fatelo (che è diverso da farlo solamente ogni tanto: non dovete farlo proprio mai, se puntate all’eccellenza).

Flusso delle informazioni - corrente del golfo
Il flusso delle informazioni porta acqua calda dall’America centrale fino alle coste europee… O era lo corrente del Golfo?

Non scrivere 20 azioni consecutive senza stimoli giudizi, però, non vuol dire che bisogna sempre alternare i 3 mattoncini allo stesso modo. Oltre ad essere limitante per la scrittura, è falso: la scrittura imita la vita. Ci sono momenti in cui sono più percettivo perché vedo qualcosa di interessante e la seguo con attenzione. O momenti in cui sono riflessivo e faccio qualche giudizio consecutivo, senza muovermi o badare ad altre cose. O momenti in cui sono agitato o spaventato, e devo agire in fretta, senza perder tempo a notare dettagli visivi o farmi pippe mentali.

Ovviamente, se il vostro protagonista si trova in situazioni simili, il flusso delle informazioni cambierà in modo armonioso, concentrandosi maggiormente (NON esclusivamente!) su un dato mattoncino a scapito degli altri due.

NOTA IMPORTANTE: quello che stiamo dicendo, non è una roba astratta o legata puramente al contenuto. ha conseguenze su ogni livello della scrittura, dal linguaggio alla sintassi. Come sottolineano giustamente altri editor bravi, il flusso delle informazioni, imitando la vita, ne rispecchia la natura varia e non ripetitiva e meccanica. Scrivere 20 frasi fila tutte brevi o, peggio, con la stessa struttura sintattica (Prendo la pistola e la carico. Miro al bersagli e sparo. Estraggo il caricatore e lo poso…), anche qualora traducessero mattoncini diversi, è una pessima idea. Sembra che il protagonista sia un robot (programmato per scrivere male). Varia la lunghezza delle frasi e la struttura sintattica in modo concorde alle esigenze della scena.

L’ordine dei mattoncini

Abbiamo già visto nel post precedente che il flusso delle informazioni segue un ordine ben preciso, lo stesso della nostra vita. Quando non segue questo ordine, l’illusione di esperienza diretta vacilla (dato che il racconto non sembra più simulare una cosa del genere).

Pensate a quante scene (di merda) avete letto in libri, dove il protagonista apre la porta, sbarra gli occhi e resta a bocca aperta. “O mio dio, non può essere! Sono finito!” Le gambe gli tremano e gli viene da vomitare “Cosa posso fare ora?”

E invece di soffrire assieme a lui, voi tornate indietro perché forse avete saltato una riga dove veniva mostrata l’origine di una tale reazione. Ma l’autore ha reputato una buona idea non scriverlo e sostituirlo con tre pagine di reazioni. Un’ottima idea se odi i tuoi lettori e vuoi punirli con l’equivalente letterario di un calcio sulle palle.

Se scrivo “lì dentro c’è una cosa tanto tanto spaventosa, ma tanto così, che se la vedi ti spaventi moltissimo!” ti sto facendo paura? Scene del genere sono l’equivalente più lungo e noioso di questa mia frase. Vedete voi se volete usarle lo stesso in una scena che deve far paura.

Mostrare cosa ci fosse là dentro sarebbe meglio. Costruire un protagonista con paure comprensibili e che, addirittura, ci facciano identificare con lui, e poi mostrarcele in tutta la loro violenza terrificante, è meglio ancora.

Stimoli e reazioni

Seguire il flusso delle informazioni è fondamentale per mantenere l’illusione di esperienza diretta. Perché nella vita non ci siamo mai spaventati per qualcosa che non sapevamo manco ci fosse.

Ma ieri ho sentito un rumore e avevo paura anche se non ho visto niente!

Appunto, hai sentito un rumore e, partendo dalla tua esperienza di vita, ti sei immaginato il peggio. Di cosa hai paura? Dei mostri? Dei serpenti? Degli zingari?

Una narrazione che segue il flusso delle informazioni ci ha già mostrato la tua paura, ce l’ha fatta capire e, almeno in parte, condividere. E appena si sente un suono sospetto, siamo già noi lettori, prima ancora che l’autore lo scriva, a pensare spaventati: “Oh mio dio! Forse è uno zingaro che vuole rubare i bambini al protagonista!”

bracci di ferra
Brute rapisce Pistolino, il figlio di Bracci di Ferra, per rivenderlo agli zingari. Da Bracci di Ferra, dell’inarrivabile Sudario Brando

Gli avvenimenti nella realtà seguono un ordine. Se vuoi che leggere un tuo racconto sia come vivere una realtà alternativa (con mostri, gnomi, maghetti, e altri elementi fantasy inverosimili) gli avvenimenti del tuo libro devono seguire lo stesso ordine. Non dare giudizi o reazioni al protagonista per qualcosa di cui non ha ricevuto uno stimolo. MAI.

Informazioni condivise tra protagonista e lettore

Abbiamo visto che è importante alternare i diversi mattoncini per ragioni di ritmo e per meglio imitare l’esperienza di vita reale. Ma detto così non basta.

L‘identificazione con il protagonista, avviene solo quando siamo “sulla stessa pagina”. Se il protagonista va a frugare in un posto che non capiamo (la camera di Bafomet) alla ricerca di qualcosa che non sappiamo cosa sia (dei biovibroni modificati), tutte le migliori cure nella scrittura non serviranno a un beneamato cazzo. E il lettore farà la stessa faccia del vigile di Amici Miei, quando Tognazzi gli fa la “supercazzola”.

Flusso delle informazioni - ugo tognazzi
“Tarapia tapioco!”

Che è la camera di Bafomet? Un luogo dell’inferno, un tempio, un club per metallari, o è la camera da letto di un idraulico siriano che si chiama Bafomet per davvero? E che ci facciamo qui? Questo tizio qui, nel libro, sembra saperlo, ma io no. Quindi io NON sono lui. Il suo dolore non è il mio dolore. E francamente ho di meglio da fare che leggere ‘sta roba.

Quindi il protagonista deve vivere questi avvenimenti come se succedessero qui e ora, MA senza precludere la comprensione al lettore.

MA ANCHE senza dare informazioni a suo beneficio in modo idiota. “Ah, ora andrò nella camera di Bafomet, dato che vivo all’inferno e sono un servo di questo demone” non è un pensiero (giudizio) naturale, che avremmo spontaneamente nella nostra vita, anche servissimo demoni infernali. Sembra un pensiero idiota e forzato, messo lì per non far perdere il lettore, con la stessa eleganza di un pezzo di scotch su un vestito strappato.

“Il corridoio di pietra si allunga fino a perdersi nel buio. Porte metalliche con spuntoni e maniglie a forma di teschio si alternano sulle pareti laterali. Avanzo fino a una porta socchiusa da cui proviene un gorgoglio strozzato. Odio entrare nella camera di Bafomet mentre sta torturando i dannati, ma se non gli porto il suo caffè e zolfo mi arrostirà per i prossimi duecento anni.”

Di nuovo: tutte le scene senza contesto saranno sempre lontane dall’eccellenza, ma se non altro sappiamo dove siamo, perché stiamo lì, e tutto sommato i pensieri del protagonista suonano tollerabili.

Il flusso delle informazioni serve a dare informazioni (duh!)

Insomma, gli stimoli, i giudizi e le azioni non servono solo a rendere in modo verosimile l’esperienza di vita del protagonista. Ma anche a dare informazioni al pubblico che gli permettano, appunto, di identificarsi al meglio. Anche se, ovviamente, questo “dare informazioni al pubblico” è un processo invisibile, che avviene naturalmente mentre scriviamo scene scelte apposta per riuscire in entrambi i compiti.

Se ti sembra difficile:

  • non lo è davvero. Se stai attento mentre progetti scene e scrivi, molte di queste cose sono intuitive. Ricordati il tuo scopo: emozionare il lettore, fargli vivere la tua storia come se stesse accadendo per davvero. Se lo tieni a mente molte azioni diventeranno delle pratiche necessarie, non delle regolette da rispettare sennò poi il fantasma di Bergson viene a grattarti i piedi nel sonno.
  • Difficile, al di fuori del menù iniziale di un videogioco, è una parola che non significa niente e credo sia una buona idea eliminarla dal proprio dizionario. Magari è impegnativo (dipende molto dalle tue conoscenze a da come approcci la scrittura), probabilmente è complesso (un unico sistema, dove tantissimi fattori collaborano insieme e modificarne uno ha conseguenze su tutti gli altri… ti ricorda qualcosa, tipo i nomi di città nel worldbuilding?), forse è noioso (in questo caso abbandona la scrittura e opta per un’attività più divertente!), ma difficile non significa niente, quindi non lo è.

Flusso delle informazioni e linguaggio

Abbiamo detto che le azioni sono quello che il protagonista fa, e di solito indicato coi verbi. Mentre le percezioni sono quello che il protagonista vede, annusa, sente, etc.

Ma allora, questa frase è un’azione o una percezione?

“Guardo il cielo e vedo una nuvola a forma di papera”

Era una domanda trabocchetto. Questa frase è una merda. O, per essere specifici, è un riassunto a posteriori di uno stimolo precedente, elaborato tramite un sistema linguistico (ovvero le “parole” che Bergson voleva che facessimo dimenticare al lettore). Ottimo se sei un carabiniere e stai scrivendo un rapporto sui balordi che hai arrestato. Un po’ meno se stai scrivendo un racconto e hai uno straccio di speranza che qualcuno lo legga volentieri.

Perché? Perché questa frase suona così irrimediabilmente statica come azione, ma al contempo vaga e poco evocativa come stimolo?

Per ragioni di linguaggio. Le azioni, infatti, sono sempre verbi. Ma non tutti i verbi sono azioni. Il verbo essere, verbi percettivi e molti altri verbi, in effetti, non traducono nessuna azione. Non è un caso che moltissime lingue parlate oggi nel mondo non abbiano per niente il verbo essere.

Stimoli e azioni immediati

Vedo una nuvola, sono stanco, provo a entrare, sono tutte frasi che non significano stimoli o azioni immediate, che avvengono qui e ora. Suonano tutti come ricordi rievocati, nonostante l’uso del presente. Perché in effetti lo sono: questo è il modo in cui ricordiamo le cose, non come le viviamo!

Aggiustiamo il caos di azioni fallite e dettagli concreti in “frasi” che non cercano di imitare l’esperienza di vita, ma di catalogarla, analizzarla e sezionarla. Ottimo per l’articolo di scienze che stai scrivendo dopo numerosi esperimenti. Un po’ meno se vuoi avere dei lettori senza orchite.

Ricorda che ogni verbo di percezione può sempre diventare una percezione immediata. “Vado alla finestra e vedo una nuvola a forma di papera nel cielo”, può diventare “Vado alla finestra. Una nuvola a forma di papera si staglia contro il cielo azzurro”. “Sento un rombo metallico sempre più forte” diventa “Un rombo metallico si fa sempre più forte”. La puzza riempie l’aria, o ti graffia le narici, suoni fendono l’aria, il silenzio, martellano i timpani. O magari sono conseguenza di altri stimoli “Il monitor si accende e il computer emette un ronzio”. Esistono milioni di soluzioni. Come esistono milioni di possibili stimoli di cui possiamo avere esperienza. Ma in nessun caso “sentiamo un suono” o “vediamo un immagine”: questi sono stimoli mediati da parole, che rappresentano come ricordiamo, non come viviamo.

Dettagli concreti e specifici

La vita è fatta di singoli specifici momenti, dove compiamo singole specifiche azioni mentre ci interfacciamo con singoli e specifici dettagli del mondo. Non esiste niente di generale nella nostra esperienza diretta (le generalizzazioni le facciamo nel ricordo, quel luogo dove creiamo “azioni-non-azioni” come guardare e sentire).

Quando scriviamo stimoli e azioni dobbiamo essere concreti, perché gli stimoli e le azioni lo sono nella realtà. Nei giudizi è possibile diventare più vaghi. Un giudizio, a volte, funziona un po’ come un ricordo: d’altra parte serve sempre a classificare e ordinare la realtà, ma avviene quasi in immediato, invece che molto tempo dopo. Ma andiamo con ordine.

Prendendo l’esempio dell’ultimo post, abbiamo visto che non esistono cantine spettrali, così, in generale. Esiste una singola cantina che contiene bare aperte, o ragnatele e topi rinsecchiti, o tua nonna nuda con un coltello insanguinato in mano. Sono tutte e tre spettrali a modo loro, ma questo è un giudizio di chi ci entra. Magari, se il protagonista è un vampiro, o la famiglia Addams, gli sembra molto carina una cantina conciata così.

Flusso delle informazioni - famiglia addams
La famiglia Addams

Cosa stai cercando di dire?

Dare la coppia stimolo concreto+giudizio è sempre meglio che dare un finto stimolo riassunto a posteriori. E gli stimoli concreti si basano su dettagli visibili (ok, esperibili è più corretto visti gli odori, i suoni, etc… ma fa schifo), dettagli concreti fatti in un certo modo. Dettagli che tu, autore, devi conoscere così bene da poterli immaginare come se fossero davanti a te qui e ora, mentre stai scrivendo.

È il motivo per cui nessuno ha mai “provato a fare qualcosa”. “Provo ad arrampicarmi ma non ci riesco” cosa significa? Ti aggrappi al primo ramo, ma si spezza e pianti il culo a terra? Ti aggrappi al tronco, ti issi su, ma ti viene una fitta al petto e cadi all’indietro? Stai fermo davanti all’albero, allarghi le braccia e gridi “Albero, sollevami!” ma non succede niente?

Stessa cosa per i giudizi. “Sono stanco” è un giudizio. Cosa te lo fa capire? Hai le ginocchia che non reggono più? Hai il fiatone e i muscoli che ti bruciano per l’allenamento? Sei depresso perché il tuo capo ha compiuto per l’ennesima volta una scelta idiota che ti peggiora la vita? Essere stanco può significare ognuna di queste cose, assieme ad altri 10 milioni. E il tuo personaggio stanco, cos’è?

Quali dettagli scegliere?

Ma, se nella vita ci sono solo dettagli concreti, come cazzo facciamo a scrivere? Se voglio descrivere, tramite stimoli immediati, la mia scrivania, devo mettere ogni dettaglio? Ogni tasto della tastiera e pixel sul monitor? Ogni granello di polvere sul tavolo e ogni pelo sulle mie mani?

Ovviamente no. Tolto che possiamo scrivere solo dettagli di cui possiamo avere esperienza (non vediamo i singoli pixel su un monitor moderno, così come non vediamo i singoli atomi che compongono la materia), dovremmo concentrarci su dettagli che abbiano due caratteristiche

Vediamo la prima: il protagonista deve poter badare ragionevolmente a quel dettaglio. Se entro in camera mia e c’è uno sconosciuto con una benda e un fucile in mano, forse non bado al fatto che c’è il mio pigiama buttato per terra. Perché è ragionevole pensare che la mia attenzione (se non sono pazzo) sia tutta presa da questo nuovo pericolo (c’è un pirata con un fucile in casa mia, che me ne frega dei vestiti, per la madonna!).

Allo stesso modo, alcuni oggetti concreti perdono dettagli al salire della tensione o di cose che puntino l’attenzione del protagonista altrove. Una macchina parcheggiata davanti al bar mentre faccio un aperitivo, può avere il parabrezza impolverato, un santino grosso come una cartolina che pende sotto allo specchietto retrovisore, il cofano con una bozza dai bordi arrugginiti. Ma se invece di fare aperitivo, sto facendo una sparatoria contro dei marziani e mi getto dietro alla macchina per ripararmi, la macchina è solo una macchina. La mia attenzione è tutta presa dai marziani e le loro pistole laser a forma di dildo: niente santini, bozze, né polvere.

Evocatività

Vediamo la seconda caratteristica dei dettagli che sceglieremo. I dettagli devono essere sufficientemente evocativi da implicarne altri senza scriverli. Questo concetto è abbastanza condiviso anche da chi scrive male, dato che lo avrebbe detto Hemingway, con la sua celebre teoria dell’iceberg.

Hemingway
Hemingway

Se dico che c’è un muratore chino su un martello pneumatico che frantuma il marciapiede di cemento, serve davvero che scrivo che c’è un gran casino o ti aspettavi il silenzio di una biblioteca? Se ti dico che c’è un materasso al centro della stanza, senza rete né coperte, con una macchia gialla in mezzo e cacche di topo sul davanzale, ti pare che questo posto è puzzolente o profuma di lavanda? Il pavimento è impolverato o lurido?

Ma fanculo i miei esempi: prendiamone uno da un autore Intellettuale con la I maiuscola tipo Bergson. Ungaretti è il poeta preferito dagli studenti perché scrive poesie corte e in un italiano comprensibile, a differenza di molti suoi colleghi. È famoso per le sue poesie struggenti scritte durante la prima guerra mondiale, mentre combatteva in trincea… e per poesie molto bislacche scritte più avanti negli anni. Prendiamo un pezzo da una poesia del periodo di guerra: Veglia.

“Un’intera nottata
buttato vicino
a un compagno
massacrato
con la sua bocca
digrignata
volta al plenilunio
con la congestione
delle sue mani
penetrata
nel mio silenzio […]

La divisa del suo compagno è immacolata come un vestito in vetrina, o è lacera e imbrattata di fango e sangue? La sua pelle ha un bel colorito sano, o è bianca come la carta? Ha le unghie pulite o sporche?

ungaretti
Ungaretti sembra un po’ una versione felice di Hemingway

Flusso delle informazioni e nomi fantasy

Prima di concludere, vediamo un’altra importante implicazione del flusso delle informazioni che ha conseguenze forti anche nella semplice attività di worldbulding, non finalizzata a scrivere un libro.

Abbiamo visto negli articoli sui nomi fantasy, come i nomi possono dare molte informazioni sulla cultura che li usa. Ma queste informazioni devono essere comprensibili al pubblico, senza che leggano una pagina di wikipedia per prepararsi.

Abbiamo visto l’esempio in cui dovevamo reinventare i nomi dei mesi o dei giorni della settimana e perché, in linea di massima, è una cattiva idea farlo, o usarli in generale.

Ma, dato che gli scrittori sono artisti e di solito amano fare roba controcorrente per far vedere che tipini indipendenti e ribelli che sono, immagino che molti che leggono questi post, desiderino comunque inventare una lunga lista di nomi strani per cose normalissime che esistono già.

E, a essere onesti, esistono una manciata di opere che sono riuscite a trasformare in punti di forza simili scelte sciagurate, come Disco Elysium, che usa parole strane per riferirsi a oggetti comuni come le pistole (pistollettes, invece di guns) o i camion (chiamati lorries o camions, invece di trucks) (ok, nessuno è un nome fantasy, ma è un po’ come se in un’ambientazione moderna la gente, invece di accendini, dicesse accendisigari o briquets).

(NOTA: odio lasciare dettagli curiosi senza spiegazioni. Disco Elysium si svolge in una città dove una rivoluzione è stata soppressa da una coalizione di nazioni straniere. Molti oggetti vengono chiamati con nomi diversi, quelli degli “indigeni” della città , che parlano una specie di francese, e quelli dei dominatori stranieri, che parlano quello che mi sembra un misto di inglese e olandese. Le differenze linguistiche, poi, non si limitano agli oggetti, ma arrivano ai nomi di persona, ai gradi militari, ai nomi dei generi musicali e a un sacco di altra roba. Leggi questo post se vuoi vedere meglio come usare i nomi di cose per comunicare conflitti).

Grafica e stimoli

Dove eravamo? Disco Elysium e i nomi strani!

I videogiochi sono dotati di grafica e, in questo caso, hanno un vantaggio sulla prosa. Possono mostrare graficamente un oggetto prima di dirci che si chiama così. E se vediamo una pistola, un cavatappi o una sigaretta, anche se l’opera li chiama in modo strano, la loro natura resta chiara.

E in un libro? Premesso che inventare nomi balordi per cose normali resta una cattiva idea, possiamo usare lo stesso modo del gioco, a conti fatti.

Gli stimoli rappresentano la grafica. Giudizi o dialoghi (i dialoghi possono essere sia stimoli che azioni che giudizi… lo vedremo più avanti) possono darci il nome strano.

Lo smilzo infila la mano nei pantaloni ed estrae una pistola di plastica bianca con, al posto della canna, una lama grossa come un coltello da cucina. La posa davanti a me. “Il bucastronzi è ingombrante, ma se lo sai usare ci fai un morto per ogni lama che spari. E costa solo 20 gorgon, con un caricatore in omaggio”

E sappiamo già che cos’è il bucastronzi, una specie di stupida pistola spara coltelli, e addirittura cos’è il gorgon, chiaramente la valuta locale.

È quasi come se, quando la scrittura imita la realtà, tutto diventa chiaro proprio come nella realtà. Anche quando stiamo inventando cazzate che non esistono.

Flusso delle informazioni e lessico da specialisti

Ma attenzione. I nomi strani non si riferiscono solo ad oggetti strani. Possono intendere persone famosi, luoghi, città, eventi e tutto quello che dovresti aver già letto nei post sui nomi fantasy (corri a leggerli, sennò). Addirittura azioni. Scrivere “Scarrello.” non significa nulla. Sono su un carrello che scende giù per una scarpata come su Jackass?

Ma, di nuovo, se inseriamo la parola strana in una scena drammatizzata, tutto diventa chiaro.

Premo il grilletto. Click! Il bucastronzi non spara.

Lo smilzo mi tira la manica. “Scarrella!”

Che?!”

Devi scarrellare prima di sparare!” Mi strappa il bucastronzi di mano, afferra la lama del coltello e la tira indietro finché non emette uno scatto metallico. Me la ripassa. “Prova ora.”

E la prossima volta che scrivete “scarrello” in questo racconto tutti sapranno che significa quel gesto preciso, fatto con quel preciso scopo.

E se il protagonista sapeva già cosa significa? Magari è lui a spiegarlo a qualcun altro. O per qualche ragione viene nuovamente esposto a questa informazione anche se la sa già (“Questo modello di bucastronzi è una merda.” Tira indietro la canna “Vedi: scarrella male. Metà delle volte non carica neanche la lama” o cose simili…). O in qualche modo questa informazione emerge necessariamente dai suoi gesti, giudizi e percezioni.

Ma di certo non può “scarrellare” se il lettore non capisce cosa significa: oltre al fatto di avere una scena incomprensibile, torniamo al problema di prima (il protagonista sa cose che io non so, quindi io NON sono il protagonista, quindi delle sue vicende mi interessa poco).

Flusso delle informazioni e worldbuilding

Volevo scrivere un lungo paragrafo sul flusso delle informazioni e il worldbuilding. Ma rileggendo quando detto finora, mi sembra che sia già tutto chiaro.

Concetti strani per noi lettori, ma normali nel mondo della narrativa, vanno introdotti in modo armonioso, che sembri naturale per i personaggi ma che resti chiaro per il pubblico. E non parlo solo di troll, e puttanate fantasy. In una storia che si svolge in una città assediata, avremo regole, abitudini, figure e avvenimenti che per molti di noi lettori sembrano assurdi, nonostante magari siano assolutamente veri.

Sotto questo punto di vista romanzi storici, polizieschi e molti altri funzionano esattamente come un fantasy.

Se un personaggio nomina Don Dan, e il protagonista resta terrorizzato, il pubblico viene perso se non gli abbiamo comunicato in modo efficace che Don Dan è un mafioso sordo come una campana, che scioglie i bambini nell’idraulico liquido. E di nuovo abbiamo gente che compie azioni e articola giudizi in risposta a uno stimolo che non è stato comunicato al lettore.

NOTA: dovrebbe essere ovvio. Quanto detto finora non significa che altri personaggi, diversi dal protagonista, non possano reagire a cose che il protagonista non conosce. Solo che diventano loro lo stimolo, e non quello a cui stanno reagendo. Vedere gente che non vuole parlare del vecchio castello sulla montagna e si fa il segno della croce quando viene nominato, però, più che fare paura, farà montare la curiosità del lettore (e del protagonista). Cosa c’è in quel castello? Spero proprio che le avventure in questo libro ce lo mostrino!

Ricorda che stimoli, giudizi e azioni sono SOLO quelli del protagonista.

Flusso delle informazioni e storie interattive

Con questo articolo ci siamo allontanati parecchio dai giochi di ruolo cartacei e dal loro cugino più figo, i videogiochi di ruolo. Spero sempre che, assieme ai miei consigli di scrittura, stiate seguendo qualche tutorial di Java, C++ o anche solo rpg maker per fare qualcosa di più complesso di un libro.

Flusso delle informazioni - jawa
Java e C++

E, nel caso sia così, vediamo delle differenze importanti nella scrittura.

Premesso che l’argomento meriterebbe molto spazio perché i videogiochi di ruolo, a differenza dei libri, hanno una grandissima varietà e ricadono sotto questa etichetta prodotti diversissimi, restano alcuni principi base.

Sono quasi tutti conseguenza del fatto che il protagonista è controllato dal giocatore, che quindi vorrà avere agenzia sulle azioni del protagonista e, quanto più possibile, anche sui suoi giudizi.

Non a caso molti giochi di ruolo non alternano stimoli giudizi e azioni, ma danno molti stimoli (vari, non solo scritti o grafici) per poi presentare, in modo più o meno esplicito, un menù di giudizi e azioni tra cui scegliere, che può essere letteralmente un menù di scelte in un dialogo, o una serie di azioni permesse dal gameplay con conseguenze tangibili sul mondo di gioco (correre, menare, passare dietro una guardia in modalità stealth, lanciare una palla di fuoco per incendiare la stalla e far uscire i cattivi nascosti lì dentro, cose simili).

Interattività

Garantire l’interattività e l’agenzia del giocatore è una priorità molto più alta, in questo caso, di avere un flusso delle informazioni che imiti rigorosamente la nostra esperienza di vita (notate ad esempio come in moltissimi videogiochi i dialoghi siano ancora più stringati che nei film, dato che guardare 60 secondi di animazione non interattiva dove i personaggi si salutano è peggio che restare bloccati dietro un semaforo rosso).

Questo, senza contare che il gameplay può sancire grandi differenze tra noi e il protagonista: in molti giochi dove si può ricorrere alla violenza, spesso, non esistono concetti come fuga, ferite permanenti o altri elementi molto realistici che però rovinerebbero l’esperienza di gioco desiderata dagli autori. Insomma: immergendoci nel protagonista possiamo benissimo immaginarci di attaccare tre bruttoni armati fino ai denti in un combattimento all’ultimo sangue. Ma l’assenza di elementi reali (le fughe) e la presenza di elementi giocosi (barra della vita, schivate tramite rotolina, capacità di mettere il pausa) ci ricordano, appunto, la natura giocosa dell’esperienza. Ma ne parleremo meglio in un post apposito.

Se stai facendo un gioco di ruolo cartaceo, invece, non puoi offrire menù di scelte ai giocatori. E dovrai accontentarti delle loro decisioni spontanee (che, a dispetto di quanto si crede, spesso sono molto meno variegate del menù offerto da un gioco per computer…). Usa gli stimoli per ricordargli le loro possibilità.

Se questa città pare Amsterdam fantasy, con canali pieni d’acqua che arrivano quasi a livello della strada e una vecchia diga che mantiene la città asciutta, e gente che ripara la diga, politici che fanno discorsi sulla diga, forse i giocatori capiranno che far crollare la diga è un buon modo per distruggere la città (o che bisogna proteggere la diga dai terroristi nani: quello che serve in base alla trama, avete capito).

Esercizi

Per chiudere ecco un miniesercizio. Qua sotto c’è un breve brano scritto esageratamente male, pieno di violazioni del flusso delle informazioni.

Come avrai già capito, cerca di individuarle tutte. Rileggilo più volte, perché ce ne sono tante e l’ideale è trovare ogni singolo errore, non solo una parte.

Se ti senti coraggioso, tenta anche una riscrittura. Puoi aggiungere o rimuovere qualche dettaglio o modificare un po’ le azioni, se pensi che possa aiutarti – NOTA: quando rileggi i tuoi racconti e trovi lunghi passi scritti male, rifarli da capo, invece di correggerli, spesso è una buona idea.

Ma questo non è un esercizio di scrittura, quindi concentrati perlopiù sull’individuare gli errori e capire cosa stanno violando. Scrivi gli errori che hai trovato nei commenti o in una email e ti manderò la “soluzione” con tutte le violazioni del flusso delle informazioni.

Brano

Il commissario Roberto entrò nel bar e sbuffò scocciato: la fila di sgabelli davanti al bancone era vuota. Anche questa volta avrebbe dovuto aspettare da solo, come uno stupido, dato che i suoi amici erano come sempre in ritardo. Andò al bancone e ordinò una birra.

“Grazie,” disse al barista dopo aver preso il boccale.

Fresca, deliziosa e amara: quello che ci voleva. Roberto posò il boccale e si pulì le labbra dalla schiuma. Passò il dito sulla condensa del bicchiere, guardò l’orologio e sospirò. Cominciò a tamburellare con le dita sul bancone e sbadigliò. Bevve un altro sorso di birra. Posò il bicchiere.

La porta del bar si spalancò. Roberto sgranò gli occhi.

No, non può essere… ma non era in galera?

L’uomo, senza badare a lui, camminò fino al flipper al centro del bar, inserì una moneta da un euro, con l’uomo vitruviano di Leonardo da Vinci scolpito sopra, e iniziò a giocare.

Aveva una faccia da delinquente, una camicia logora chiazzata di bruciature di sigaretta, coi bottoni dorati, due aloni di sudore scuri e umidi sotto le ascelle e il colletto stropicciato e pieno di macchioline di caffè. Le scarpe da tennis avevano i lacci sciolti e le suole erano sporche di fango secco e qualche filo di erba ingiallita. I pantaloni erano larghi, e avevano il cavallo basso e una catena che gli pendeva dalla cintura e risaliva fin dentro a una tasca rigonfia. Il tessuto nero, all’altezza delle ginocchia, era macchiato di terra. L’uomo aveva una barba di tre giorni e un grosso neo marrone sulla guancia destra. Aveva i denti ingialliti e Robertò sentì che il suo fiato puzzava di alcol e sigarette.

La folla di bevitori che riempiva il bar si raccolse attorno all’uomo per seguire la partita di flipper.

Roberto svuotò il boccale. Che cazzo gli diamo la caccia a fare a questi? A ‘sto punto sarebbe meglio metterci le porte girevoli, invece delle sbarre, nei carceri.

La pallina del flipper cadde in mezzo alle due alette. L’uomo lanciò una bestemmia molto volgare. Prese un’altra moneta dalla pila che aveva sistemato, prima di giocare, sul tavolino lì a fianco e iniziò una nuova partita.

Roberto sentì un trillo che veniva dalla sua radiolina. “Commissario Roberto,” disse portandola alle labbra.

“C’abbiamo un 175 in via Garibaldi, commisà!” Disse una voce roca ma simpatica dalla radio.

Era la voce dell’appuntato Marco. Un bravo ragazzo, ma un po’ grezzo. Era entrato grazie a una raccomandazione dello zio, che era assessore in comune. A Roberto non piacevano questo genere di cose, ma Marco non era malaccio.

“Adesso arrivo.” Si sarebbe visto con i suoi amici un’altra volta: il dovere chiamava.

Prese il resto del pagamento della birra e uscì, dopo aver mandato un’occhiataccia a Ugo, lo spacciatore appassionato di flipper, rilasciato dopo neanche due giorni di carcere.

spongebob meme
Io, dopo aver scritto il brano dell’esercizio

Oh Cristo, mi fa male il cervello ad aver scritto una roba simile. Andate a caccia di errori e siate spietati.

Flusso delle informazioni: vita vs memoria

A conti fatti l’articolo di oggi potrebbe sembrare quasi inutile. Il flusso delle informazioni imita la vita e quindi, se teniamo le antenne tese mentre viviamo, dovrebbe essere abbastanza facile rispettarlo.

Ma in realtà resta uno degli errori più frequenti. Non tanto perché gli scrittori sono tonti, ma perché siamo spontaneamente spinti a pescare avvenimenti interessanti dalla nostra memoria, così come li ricordiamo e ce li raccontiamo, invece di rievocarli e riviverli qui e ora, senza mediazioni di pensieri e parole. Rievocare o vivere gli avvenimenti, invece di ricordarli, è un’azione poco istintiva e spesso bisogna concentrarsi attivamente e costringersi.

Ma saper fare qualcosa del genere dà chiarezza di visione e onestà con sé stessi: due caratteristiche che hanno un’utilità che supera di gran lunga essere bravi a scrivere.

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